L’intesa col Quirinale: basta fango, «serve coesione»

RomaFoto, dossier, gossip, veline, colpi sotto la cintura. E sì che Giorgio Napolitano in mezzo secolo di attività politica di campagne elettorali ne ha vissute davvero tante: ma dure, «incarognite» come questa, forse non ne aveva mai viste. In questo clima, il suo appello alla «coesione nazionale» rilanciato in occasione della festa del Due Giugno, rischia di cadere nel nulla. «Ma io lo ripeto: l’Italia ha bisogno di unità. La gente lo sa e lo chiede a gran voce, è ora che se ne accorgano anche i palazzi della politica». Dopo il voto, «fra tre giorni», si metta «un punto a una campagna fuori tono» e si cerchi di tornare tutti nei binari.
Troppo pettegolezzo e poca sostanza, questa dunque in quattro parole l’analisi politica del capo dello Stato che «non si stanca» di chiedere moderazione. E così in qualche maniera dà pure ragione a Silvio Berlusconi, che da settimane tuona contro «l’odio e le menzogne» e che a Firenze, seguendo proprio un consiglio del capo dello Stato, ha deciso di abbassare i toni per una sorta di tentativo di disarmo unilaterale. C’è forse un nuovo feeling, anche se su un punto però Napolitano non vuole seguire il Cavaliere, l’attacco alla stampa. «Le critiche ai giornalisti per come stanno svolgendo il loro mestiere? Io non ne ho fatte, quindi con me non ce la potete avere...».
Giardini aperti al Quirinale. Ventimila ingressi, le bande militari, la musica, gli allegri bivacchi sull’erba, le foto-ricordo accanto ai corazzieri e gli applausi quando alle 18.30 arriva il presidente, ascolta un breve concerto e poi commenta la giornata. «È vero - dice - di periodi elettorali tesi ne ho vissuti parecchi, e tanti si erano incarogniti. Mi auguro però che fra tre giorni, a prescindere dal risultato elettorale, venga messo un punto e che tutti traggano motivo per assumere atteggiamenti più tranquilli e ponderati».
Napolitano insomma vuole «sobrietà nell’interesse del Paese». L’Italia, dice, ha già tanti problemi di suo, dalla crisi al terremoto, alle riforme da fare, che non può sopportare a lungo altri veleni e altre veline. Un esempio, si vota per le europee ma di Europa nelle ultime settimane si è parlato poco o punto. «È vero anche questo - spiega il presidente -. Io mi sarei aspettato una maggiore attenzione per i temi comunitari, invece...». Invece gossip. «Sì, anche questa è una triste consuetudine e non solo italiana. Ci sono Paesi in cui lo scetticismo e la diffidenza verso l’Europa è tale e tanta, si veda la Gran Bretagna, che la campagna elettorale ha preso tutto un altro corso».
In Italia, dove si litiga da sempre, stavolta si è andati davvero «fuori tono». È il Due Giugno e il presidente celebra, in un messaggio ufficiale alle forze armate, «i valori della Costituzione che ancora oggi e più che mai condizione e guida per la costruzione di un’Italia coesa, prospera e solidale e che sia elemento propulsivo di un’Europa finalmente unita e protagonista dello sviluppo economico».
Da qui la necessità di cambiare registro. I partiti hanno tre giorni di tempo per rimettersi a posto se non vogliono perdere il contatto con il Paese reale. «C’è un sentimento diffuso di unità e di coesione. Mi auguravo che ci potesse essere più attenzione da parte del Palazzo nei confronti di questa esigenza». Ma la campagna è stata senza esclusione di colpi. «Spero che a partire dalla settimana prossima questo sentimento popolare venga raccolto da chi ha funzioni rappresentative, politiche e istituzionali».


Un passo indietro quindi, proprio quello che aveva suggerito a Berlusconi, quando il Cavaliere, salito al Quirinale per il Consiglio supremo di difesa, si lamentava di «essere messo in croce» sulla sua vita privata. Ieri a Firenze il premier ha ridotto al minimo le esternazioni. E il Colle ha apprezzato.

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