Politica

L’intifada delle scarpe fa paura ai regimi del Medio Oriente

Non si deve sottovalutare il significato del lancio della scarpa contro Bush da parte del giornalista della TV irakena Muntazer Al Zaidi. Col suo gesto - che si trasformerà in martirio - se il governo di Bagdad lo punirà con la prigione o se, come forse già fatto lo sottoporrà a violenza fisica - questo giovane di 28 anni, ha creato il simbolo di una nuova rivolta nel mondo arabo. Non tanto contro l'America e l'odiato Bush, ma contro tutti i regimi dittatoriali della regione. È il Balilla - il ragazzo di Portoria - che lanciò la pietra che mise in fuga i soldati imperiali tedeschi a Genova nel 1746 creando una delle leggende più amate e durature del Risorgimento e in seguito del Fascismo. Come giustamente ricordato da Carlo Bitossi poco importa se un ragazzino di nome Giovan Battista Perasso tirò per primo la famosa pietra. Fu il popolo a imitarlo contribuendo a cambiare la storia d'Italia.
Muntasser Al Zaidi è qualcuno in carne ed ossa che si è trasformato istantaneamente in eroe, dall'irak al Marocco, da Gaza all'Egitto, dalla Turchia alla Cina. Non solo grazie ai media globalizzati ma perché, senza rendersene conto, ha inviato un messaggio che tutti hanno registrato perché toccava un nervo scoperto nella società araba: il bisogno sempre auspicato e mai realizzato di cambiamento rivoluzionario, dal basso. Un cambiamento (fallito) che dopo Nasser non trovava più simboli forti e semplici attorno a cui polarizzare «tutti quelli che sono contro». Per questo il premier irakeno è rimasto cosi spaventato dall'accaduto. Non a causa della violazione del principio dell'ospitalità, ma perché Bush (e gli americani) se ne vanno, mentre lui resta e dovrà fare i conti con milioni di scarpe di protesta. Come dovranno fare molti dirigenti dei paesi arabi che vedono già l'insulto di protesta della scarpa, allargarsi a macchia d'olio contro il potere; riunire intellettuali e popolino, vecchi e ragazzini, in una manifestazione di sfogo che non conosce ne frontiere ne classi sociali. È uno sfogo che ha radici psicologiche arcaiche. Nella Bibbia è il gesto di disprezzo (accompagnato dallo sputo pubblico) che accompagna il levirato, cioè il rifiuto del fratello che si sottrae all'obbligo di concedere il suo seme alla nuora vedova e senza figli invece di continuare la discendenza del fratello. Nel mondo islamico - è in quello asiatico - la scarpa lasciata fuori della moschea o della casa è uno dei simboli dell'abbandono (sia pure solo temporaneo) del contaminato, dell'impuro. Ma un simbolo di protesta difficilmente può essere controllato. La polizia può sparare sulla folla ma non sulle scarpe che chiunque può lasciare davanti alla porta di un potente. Si tratta di un gesto simbolico molto più significativo del lancio di monetine o di uova contro un politico occidentale , o di una scarpa contro la sua effigie.

Paradossalmente e con «toute proportion gardée», questo simbolo di rabbia e di volontà di cambiamento ha qualcosa che ricorda il simbolismo politico della «negritudine» di Barack Obama, il quale con l'effetto «balilla» di Al Zaidi dovrà fare i conti e non solo in Irak.

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