Santa Margherita Ligure - Sono passate da poco le 11 e il convegno dei Giovani imprenditori di Confindustria, dedicato alle riforme istituzionali, si avvia a una tranquilla conclusione. Salgono sul palco due habitué delle kermesse imprenditoriali: il presidente di An, Gianfranco Fini, e il ministro dello Sviluppo economico, Pier Luigi Bersani.
Ci si aspetterebbe il solito confronto su tasse e liberalizzazioni, ma la ferita dell’«avvicendamento» del generale Speciale è ancora aperta. Il leader di centrodestra non ne fa mistero. Da subito. «Non ho intenzione di confrontarmi con il ministro Bersani come se ieri non fosse accaduto nulla», esordisce. Le parole sono taglienti e stupiscono tanto Bersani quanto la platea. «Rappresenti un governo che ieri ha scritto una delle pagine più vergognose della storia italiana - aggiunge Fini - perché quando si arriva alla dimostrazione di arroganza dell’esecutivo Prodi si è oltre il livello della decenza».
L’affondo è stordente. «Siamo in emergenza democratica - prosegue - perché avete cacciato un galantuomo. Lo avete fatto per proteggere Visco, che, rinunciando alle deleghe, ha di fatto ammesso le sue responsabilità». Speciale, secondo Fini, aveva dimostrato che il viceministro «con indebite interferenze gli aveva chiesto di rimuovere ufficiali» impegnati in indagini sulla vicenda Unipol che probabilmente riguarda anche i Ds.
Il ministro cerca di reagire, ma senza efficacia. «Parla di cose reali. Hai detto cose inaccettabili», replica. «Discutiamo cose che sono reali - controbatte Fini - perché abbiamo un presidente del Consiglio che si permette di venire in Parlamento e dire che non c’è alcun problema. Quindi o Prodi mentiva in Parlamento, o stava proteggendo Visco per impedire che al Senato Di Pietro vi mandasse a casa». Dal fondo della platea, gremita di giovani imprenditori, scrosciano gli applausi e gli alé. Il nervosismo di Bersani aumenta. «Con me il minuetto non lo fai», dice il ministro al suo interlocutore. «Non facciamo minuetti», ribatte Fini.
«La Cdl ha ammesso di aver subito un certo colpo. Ieri abbiamo fatto un gesto limpido». Bersani contrattacca così, ma i buh e qualche fischio della platea lo mettono a tacere e rinvigoriscono Fini. «Ieri avete fatto una porcata. Vallo a spiegare al Cocer della Finanza, ai militari che si sono sentiti umiliati», risponde. «Mercoledì vi porteremo la documentazione», dice il viceministro ribadendo che «questa vicenda è un polverone». Fini non ci sta: «Non è un polverone, sono atti giudiziari, la questione morale non la potete insegnare a nessuno».
Il ministro tenta la controreplica e attacca Il Giornale, autore dello scoop. «Non c’è un fatto né giudiziario né politico che possa essere attribuito al viceministro. Dimostreremo che la questione vera è che a un anno da quella vicenda hanno cominciato a circolare ipotesi scandalistiche sollevate dal giornale di famiglia del capo dell’opposizione. Speciale non è stato sostituito con la zia di Prodi ma con una degnissima persona». «La zia di Prodi l’avete messa alla Rai», ironizza Fini guadagnandosi un’altra dose di applausi. Bersani è sempre più teso e con il volto contratto ripete che «abbiamo dimostrato che non ci trema la mano».
In platea il padrone di casa Matteo Colaninno e il presidente di Confindustria Luca di Montezemolo sono corrucciati. Il presidente dei Giovani imprenditori sale sul palco a fare da arbitro. «Vi abbiamo invitato a discutere del sogno delle riforme e per rispetto della platea vi invito a farlo», dice severo.
Il dibattito rientra nei binari. Fini raccoglie qualche altro applauso sul problema sicurezza e sul voto delle amministrative come segnale del malessere del Nord.
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