Da una parte lottusa leggerezza talebana. Il fanatismo di chi, dieci anni dopo, tenta di liberarsi delle proprie colpe buttando lì un «non siamo stati noi». Dallaltra la lettera di un Pontefice categorico nel sottolineare come lessenza profana e malvagia dell11 settembre non risieda solo nellorrore di migliaia di vite spezzate, ma nel folle convincimento di averle stroncate nel nome di Dio. La lettera di Benedetto XVI allarcivescovo di New York Timothy Dolan e il comunicato con cui i talebani afghani si scrollano di dosso ogni responsabilità sono lo «zenith» e il «nadir» del decimo anniversario dell11 settembre. Il punto più alto e più basso del ricordo. I simboli della capacità e dellincapacità dinterpretare gli eventi di dieci anni fa. «La tragedia di quel giorno scrive il Papa - è aggravata dalla pretesa degli attentatori di agire in nome di Dio». Con quella frase Papa Ratzinger va al di là dellevento, ragiona sulla perversione dogmatica di chi attribuisce a una volontà divina luccisione di migliaia di persone, di chi eleva il terrorismo a sacramento di fede. «Ancora una volta ammonisce Papa Ratzinger -, deve essere inequivocabilmente affermato che nessuna circostanza può mai giustificare atti di terrorismo».
I talebani, rifiutando il peso di quella strage finiscono, invece, con lassumersene una volta di più la responsabilità morale. Il comunicato diffuso ieri sembra la fotocopia di quanto dichiarato dieci anni fa dal mullah Omar e dai suoi fedelissimi. La ripresa delle scuse formulate per prender le distanze da Al Qaida mentre lorganizzazione usava lAfghanistan come base e santuario. «Non siamo stato noi» - ripetevano in quel 2001. «Non abbiamo avuto alcun ruolo» - sottolinea e ribadisce il comunicato diffuso proprio ieri a nome dell«Emirato islamico dellAfghanistan». Sostanza e ideologia restano le stesse. Non cè condanna, non cè pentimento, non cè presa di distanze. Permane, sopravvive la presunzione che luccisione di cristiani ebrei, ma anche di tanti musulmani, in quella mattina di dieci anni fa possa esser giustificata dalla fede. Persiste, inossidabile, il fanatismo capace di giustificare la più aberrante delle stragi. «Sin dallinizio spiega il comunicato talebano - lemirato islamico dellAfghanistan chiese uninchiesta imparziale su quellevento, ma gli americani e i loro partner della coalizione anziché rispondere positivamente a questa richiesta razionale, hanno mandato missili e armi velenose e ripiene di uranio». Come dire ve lo siete meritati. Ma non solo. Prigionieri delle loro convinzioni i talebani continuano a trincerarsi dietro alle stesse giustificazioni. A ribadire le stesse minacce. «Gli afghani promette il comunicato - hanno una resistenza e una capacità inesauribile nellaffrontare le guerre di lunga durata...la grande rivolta che già scuote tutto il paese, spedirà gli americani nella pattumiera della storia, li condannerà alla stessa fine sofferta in passato da altri imperi del passato».
Allestremo opposto di quel fanatismo privo devoluzione e riflessione cè la lettera di Benedetto XVI. Quella lettera approfitta dellanniversario per segnare il limite tra quanto va ragionevolmente accettato e discusso e quanto va fermamente rifiutato e condannato. Tra un credo che può esser diverso, ma aperto al dialogo e labominio di chi crede di poter negare la vita ed esaltare la morte nel nome della fede. «Ogni vita umana avverte il Pontefice - è preziosa agli occhi di Dio e non va risparmiato alcuno sforzo nel tentativo di promuovere un genuino rispetto per i diritti inalienabili e la dignità delle persone e dei popoli dovunque essi siano». Rivolgendo il suo pensiero alle «tante vite innocenti» perse in quel «brutale attacco» il Papa scrive di affidarle «alla misericordia infinita di Dio». Ma loda anche il popolo americano «per il coraggio e la generosità dimostrati nelle operazioni di soccorso e per la sua prontezza nell'andare avanti con speranza e fiducia».
Sullaltro versante ci sono ancora i talebani, la guerra afghana e il suo carico di morti civili causati dagli indiscriminati attacchi dei fedelissimi del Mullah Omar. I dati raccolti nei primi sei mesi di questanno dalle Nazioni Unite dimostrano che l80 per cento dei 1462 civili uccisi fino al 30 giugno sono caduti nel corso di operazioni ed attentati messi a segno dalle forze talebane.
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