L’Iran minaccia guerra anche all’Italia

L’Iran minaccia guerra anche all’Italia

A Washington non sanno cosa sia peggio. Se il rischio di un imminente attacco israeliano ai siti nucleari di Teheran o la voce grossa della Suprema Guida Alì Khamenei che minaccia di rispondere con missili e attentati alle sanzioni occidentali. Una cosa è certa, da questo braccio di ferro a tre rischiamo di uscire con le ossa rotta pure noi italiani. Per capirlo basta scorrere l’articolo del 14 dicembre scorso di Masrhegh News, un sito vicino ai servizi di sicurezza della Repubblica Islamica. Nel dettagliatissimo pezzo si citano tutte le basi americane obbiettivo di una possibile rappresaglia missilistica. Tra i principali bersagli in territorio afghano spiccano l’aeroporto di Herat, sede del comando italiano e quello di Shindad gestito dai nostri militari assieme a quelli americani. Dopo aver identificato una trentina di obbiettivi situati in 10 paesi circostanti, l’articolo sottolinea che Herat «a 122 chilometri dal confine iraniano» e Shindand a 124 possono «essere facilmente minacciate dai missili Zilzal o dai più precisi missili Fath 110». Le minacce indirette al nostro Paese risultano ancor più preoccupanti se si pensa che l’ipotesi di un raid non è più una pura speculazione, ma quasi certezza. Anzi a dar retta al segretario alla Difesa statunitense Leon Panetta è solo questione di tempo. Stando al Washington Post il responsabile del Pentagono è quasi certo che il blitz israeliano scatterà tra aprile, maggio e giugno per impedire il trasferimento dei laboratori per l’arricchimento dell’uranio iraniano negli enormi bunker sotterranei scavati nel cuore di alcune montagne. Il trasloco garantirebbe a Teheran il raggiungimento di quella che gli esperti israeliani definiscono «zona d’immunità». Da quel momento in poi nessuna bomba convenzionale sarebbe più in grado di arrecare danni vitali ai laboratori celati sotto decine di metri di roccia.
Le angosce di Panetta, stando al Washington Post, hanno iniziato a manifestarsi un mese fa quando il suo omologo israeliano Ehud Barak gli ha motivato con ragioni economiche il rifiuto a partecipare a una grande esercitazione militare prevista tra aprile e maggio. Visto che Israele risparmia su tutto, ma non sulla sicurezza, il buon Panetta ha incominciato a preoccuparsi molto seriamente. L’affondo israeliano scatterebbe nel pieno della corsa per la Casa Bianca facendo rivivere a Barak Obama l’imbarazzante situazione in cui si trovò Jimmy Carter durante la campagna elettorale di 32 anni fa. Costretto per garantirsi la rielezione a tentar di liberare gli ostaggi dell’ambasciata di Teheran il presidente democratico ordinò un fallimentare blitz che gli costò la poltrona.
A turbare i sonni di Leon Panetta contribuisce da ieri anche Alì Khamenei. La principale autorità politica religiosa iraniana ha approfittato delle celebrazioni per l’anniversario della Rivoluzione Islamica per minacciare guerra aperta all’Occidente se Stati Uniti ed Europa cercheranno di fermare con le sanzioni o con un attacco militare i piani nucleari del suo paese. «Minacciare l’Iran o attaccare l’Iran danneggerà soprattutto l'America, le sanzioni non avranno alcun impatto sulla nostra determinazione a continuare il cammino verso il nucleare, in risposta alle minacce di embargo petrolifero o di guerra sapremo rispondere con le nostre minacce al momento adeguato. Non ho esitazioni nell’annunciare - spiega la Suprema Guida in un discorso televisivo - che appoggeremo o aiuteremo ogni nazione o gruppo desideroso di combattere contro il regime sionista». Quelle due frasi contengono tutti gli elementi della minaccia in grado d’incendiare il Medio Oriente.
La promessa di considerare nemico e oggetto di rappresaglia chiunque aderisca alle sanzioni trasforma in potenziali obbiettivi tutti i paesi della Ue promotori dell’embargo sui prodotti petroliferi.

E la minaccia di appoggiare qualsiasi nemico d’Israele fa temere che gruppi come Hamas, la Jihad Islamica palestinese o il Partito di Dio libanese possano essere usati per mettere a segno atti terroristici contro l’Occidente.

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