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L’Iran minaccia l’Occidente e lancia una nuova sfida nucleare

Ahmadinejad: via all’installazione di altre 6.000 centrifughe per lavorare l’uranio. Più stretti i tempi per costruire la bomba atomica

Teheran sul nucleare è pronta a fare tris. E forse anche di più. Tra breve le centrifughe pronte a sputare uranio arricchito non saranno più tremila, ma novemila. E alcune di queste potrebbero esser di un nuovo tipo «più compatto, ma cinque volte più efficiente», come ha spiegato ieri il presidente Mahmoud Ahmadinejad durante il discorso televisivo pronunciato in occasione della «Giornata nazionale della tecnologia nucleare».
Le seimila nuove turbine sono già nei sotterranei dei laboratori nucleari di Natanz e tra breve saranno pronte a girare a pieno ritmo. Giusto il tempo di stringere qualche vite e collegare gli ultimi tubi poi, come ha spiegato il presidente, diventeranno pienamente operative, dimostrando la capacità del Paese di resistere alle imposizioni occidentali e alle sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. «Abbiamo conseguito questi risultati nonostante le misure contro di noi, le sanzioni possono rallentare il nostro lavoro, ma non riusciranno a fermarci... Incoraggeremo i nostri scienziati a raggiungere nuovi progressi», ha promesso Ahmadinejad.
La vera sorpresa rischia di essere più qualitativa che quantitativa. A febbraio un tecnico iraniano aveva già preannunciato l'imminente entrata in servizio delle nuove centrifughe Ir2 prodotte sviluppando alcuni vecchi progetti ottenuti grazie a contatti clandestini con gli scienziati nucleari pakistani. Le Ir2 consentono di assottigliare i tempi di produzione del combustibile nucleare e di superare agevolmente la soglia dell'85% di arricchimento indispensabile per l'utilizzo militare. Se fra le seimila nuove centrifughe vi fossero anche le nuove Ir2, l'Iran sarebbe dunque estremamente più vicino al conseguimento dell'arma nucleare di quanto non prevedano le stime di Onu e Cia. Grazie alle nuove Ir2 gli scienziati iraniani potrebbero abbandonare il ciclopico progetto basato sulla messa in linea di 54mila centrifughe P1 e concentrarsi su linee di produzione più contenute e più facilmente difendibili da attacchi israeliani o americani. Secondo alcuni analisti una semplice linea di 1500 Ir2 garantisce, infatti, la produzione dell'uranio arricchito sufficiente ad assemblare un'arma atomica.
Il balzo in avanti nel campo dell'arricchimento è stato accompagnato dalla notizia della condanna a due anni comminata all'ex negoziatore nucleare Hossein Moussavian. L'alto funzionario legato a doppio filo all'ex presidente Akbar Hasemi Rafsanjani, è stato condannato per aver messo a repentaglio la sicurezza dello Stato. Ahmadinejad lo aveva a suo tempo accusato di spionaggio e collaborazione con il nemico.
Dopo il nuovo annuncio di Ahmadinejad Washington, Londra e Parigi hanno immediatamente condannato l'atteggiamento iraniano. «Se continua così e in mancanza di risposte da parte degli iraniani la strada verso nuove misure punitive sarà quasi inevitabile», ha avvertito da Parigi il ministro degli Esteri Bernard Kouchner. Per il segretario di Stato americano Condoleezza Rice Teheran continuerà a fare i conti con l'isolamento internazionale «fino a quando non accetterà le ragionevoli offerte avanzate dalla comunità internazionale per aiutarlo ad intraprendere strade diverse». A disinnescare gli avvertimenti europei e statunitensi ci pensa come al solito Mosca. Per il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov non c'è bisogno di nuove sanzioni, ma è sufficiente sottoporre all'Iran nuove proposte.

Anche se Teheran da tre anni a questa parte non ne ha accettata una sola.

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