Non bastavano le provocazioni dei test missilistici e la sistematica repressione dellopposizione in patria. LIran ormai gioca al rialzo nel braccio di ferro con la comunità internazionale e ieri, al confine tra la Repubblica islamica e lIrak, hanno spirato venti di guerra: un gruppo di militari iraniani ha sconfinato in territorio iracheno, occupando un pozzo petrolifero. Lepisodio si è tinto di giallo in un rincorrersi tutto il giorno di smentite e reticenze. Solo nel tardo pomeriggio il vice ministro iracheno degli Interni, Ahmed Ali al-Khafaji, ha confermato: «Undici soldati sono penetrati dopo mezzogiorno nel campo petrolifero iracheno di al-Faqqa e hanno innalzato la bandiera iraniana». Al-Khafaji ha anche sottolineato che «fatti di questo genere sono già accaduti nel corso della settimana». I pozzi del campo di Faqqa - a est della città di Amara, con riserve pari a un milione e mezzo di barili - a giugno erano stati inseriti nel primo round di aste petrolifere senza trovare, però, acquirenti tra le major partecipanti.
Per ora sembra che Bagdad non abbia deciso di intraprendere azioni militari, nella speranza di trovare una risposta diplomatica alla situazione. Ma quando cè di mezzo lIran, si sa che la via diplomatica non sempre è quella più facile da percorrere. Le relazioni tra i due Paesi che negli anni Ottanta hanno combattuto una sanguinosa guerra per otto anni, sono però migliorate da quando in Irak - dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003 - è salito al potere un governo guidato da partiti sciiti. Analisti iraniani sostengono che episodi di furto di petrolio dai pozzi iracheni, spesso dirottato verso il Golfo Persico, si verificano regolarmente da anni, nel silenzio di Bagdad che tende a «chiudere un occhio» con Teheran.
Linvasione è il culmine di unescalation di tensione innescata dal regime dei mullah.
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