Fausto Biloslavo
Il ministro della Difesa iraniano minaccia di «mandare in coma permanente» lo stato di Israele, «come Ariel Sharon», se gli impianti nucleari verranno bombardati. Il braccio di ferro atomico continua mentre il presidente-pasdaran, Mahmud Ahmadinejad, ha accusato gli inglesi di fomentare il separatismo arabo in Iran.
Nei giorni scorsi il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, aveva implicitamente minacciato rappresaglie militari con bombardamenti o azioni di sabotaggio contro i siti nucleari degli ayatollah, se i negoziati fallissero. Ieri Mostafa Mohammed Najar, il suo parigrado a Teheran, ha avvertito Israele che in caso di attacco contro la Repubblica islamica la reazione sarebbe tale da «mandare in coma permanente, come Ariel Sharon», lintero Stato ebraico. Secondo il ministro della Difesa iraniano gli israeliani «non oseranno attaccarci. Si tratta solo di guerra psicologica per cercare di farci paura».
La giornata non era iniziata così male tenendo conto che il negoziatore iraniano sul nucleare, Alì Larijani, aveva definito «positivo» il piano russo di offrire a Teheran la possibilità di arricchire luranio sul proprio territorio. Subito dopo, però, aveva aggiunto che se lagenzia atomica internazionale deferirà il suo Paese allOnu per il dossier nucleare «la Repubblica islamica procederà allarricchimento industriale delluranio». In serata gli Stati Uniti hanno fatto sapere che la proposta russa non cambia nulla. «Crediamo che nella riunione del 2 febbraio del Consiglio dei governatori dell'Aiea (lagenzia atomica con sede a Vienna) ci debba essere un voto per il deferimento al Consiglio di Sicurezza», ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato, Sean McCormack.
Il 9 gennaio lIran aveva annunciato la ripresa della sua ricerca nucleare a scopi civili. Alla riunione dellAiea del 2 febbraio gli Usa sono convinti di avere i voti necessari per deferire lIran alle Nazioni Unite. In realtà i membri permanenti del Consiglio di sicurezza come Cina e Russia, che hanno diritto di veto, sono molto cauti. Ieri anche il segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha dichiarato di non credere che il 2 febbraio si arriverà al deferimento. Il direttore dellagenzia atomica, Mohammed ElBaradei, ha fatto presente che il lavoro dei suoi ispettori, dopo la decisione iraniana di riprendere la ricerca, è appena iniziato. Il 2 febbraio sarà pronto forse un rapporto preliminare, ma per un dossier più consistente bisognerà aspettare la fine del prossimo mese. In ogni caso i ministri degli Esteri di cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, più la Germania, si riuniranno a Londra lunedì prossimo, alla vigilia della conferenza internazionale sullAfghanistan. Lincontro punta a dirimere le divergenze sulle iniziative da assumere nei confronti dell'Iran per la ripresa delle sue attività nucleari.
Nel frattempo il presidente iraniano Ahmadinejad ha avallato le accuse contro gli inglesi per gli attentati dellaltro ieri ad Ahwaz, il capoluogo della regione del Khuzistan, ricca di petrolio e popolata dalla minoranza araba. Le vittime delle ultime bombe sono salite a nove. Il capo dello Stato ha dichiarato che «le impronte degli occupanti dell'Irak sono evidenti in quanto accaduto». Ahmadinejad aveva sospeso allultimo momento la visita ad Ahwaz, prevista la mattina in cui sono scoppiate le bombe.
Il ministro degli Esteri iraniano Manouchehr Mottaki è stato ancora più chiaro: «Gli omicidi di Ahwaz sono stati commessi da quelli che orgogliosamente si sono fatti fotografare con ufficiali britannici. Godono della cooperazione dei comandanti dell'esercito britannico e usano i loro organi di intelligence a Bassora». Il riferimento è ai separatisti arabi, che fin dai tempi del Grande gioco contro la Russia nel diciannovesimo secolo, avevano trovato appoggio a Londra.
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