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L’Iran rompe con l’Ue: ripartiamo col nucleare

Arrestato un negoziatore iraniano «troppo morbido» con gli europei

Gian Micalessin

A guardarla con occhi ingenui sembra una recita dell’assurdo. L’Iran, sospettato d’inseguire un programma segreto per la costruzione d’armi nucleari, minacciato di sanzioni dell’Onu e forse anche da un blitz americano o israeliano fa di tutto per mettersi nella posizione più indifendibile. Con un diktat che sembra un harakiri rompe i ponti con l’Europa e annuncia la ripresa da oggi di quel programma d’arricchimento dell’uranio considerato dagli esperti il primo passo verso gli armamenti nucleari. «Il limite per la sospensione dell’attività è scaduto, la nostra opinione pubblica non può attendere oltre» ha detto il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran Hamid Reza Asefi annunciando la notifica entro oggi alla Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) della ripresa della produzione di combustibile nucleare. L’attività riguarda per ora gli impianti intorno alla quasi terminata centrale nucleare di Isfahan dove l’uranio passato allo stato gassoso viene trasformato in combustibile nucleare per i due reattori. Il procedimento non è sufficiente a innescare un’esplosione nucleare, ma è considerato un primo passo verso l’attivazione delle centrifughe, situate in altre installazioni segrete, in grado invece di raggiungere il livello di arricchimento necessario per usi bellici.
«È un passo inutile e dannoso per l’Iran», fa notare il responsabile della politica estera europea Javier Solana in una lettera indirizzata a Hassan Rowhani, l’influente capo della delegazione iraniana incaricata dei negoziati con gli europei. Londra, presidente di turno dell’Unione europea, pretende da Teheran «chiarimenti sulle sue intenzioni» e chiede la fine di «ogni mossa unilaterale suscettibile di rendere assai difficile la continuazione dei negoziati» condotti dall’Unione europea.
Lo scorso novembre, mentre Washington minacciava di portare il caso davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e non escludeva un’operazione armata, l’Europa si propose come mediatrice tramite Berlino, Londra e Parigi. Il pacchetto di concessioni politico-economiche promesse in cambio di un blocco totale del processo di arricchimento dell’uranio era atteso da qui a una settimana. Il nuovo diktat punterebbe proprio a evitare la sua presentazione ufficiale. Teheran sembra quasi temere di dover rifiutare un’offerta assai generosa o, secondo alcuni, non vuole far attribuire al presidente entrante Mahmoud Ahmadinejad, il cui insediamento è previsto per la prossima settimana, la responsabilità del grande rifiuto.
Ad aumentare i sospetti di una mossa ultraconservatrice per vanificare la mediazione europea concorrono altri due elementi. Il primo è la comparsa sull’agenzia di stampa iraniana, ancora in mani “progressiste”, di una lettera del capo negoziatore Rowhani al presidente uscente Mohammad Khatami in cui si annuncerebbe la promessa europea d’una sorta di patto di non aggressione in cambio della rinuncia a ogni attività di proliferazione nucleare. La proposta includerebbe «garanzie riguardo l’integrità, l’indipendenza e la sovranità nazionale dell’Iran». Rohwani è assai vicino a Hashemi Rafsanjani, l’ex presidente sconfitto alle presidenziali dal fondamentalista Ahmadinejad. Le rivelazioni di Rohwani sulla generosa offerta europea fanno pensare a un braccio di ferro tra il blocco conservatore moderato e gli oltranzisti decisi a lanciarsi nella contrapposizione frontale con gli Stati Uniti. Ad accrescere i timori di duro scontro interno contribuisce la notizia dell’arresto di Cyrus Nasseri, uomo di punta delle delegazione di Rowhani nelle trattativa con gli europei. Nasseri, secondo quanto annunciato dal sito internet Baztab, sarebbe stato arrestato perché coinvolto in una complessa operazione finanziaria che puntava a garantire l’assegnazione di un grosso contratto nel settore degli idrocarburi a un consorzio partecipato da quella società americana Halliburton guidata, a suo tempo, dal vicepresidente Usa Dick Cheney. Il sito non spiega come una società specializzata nelle forniture al Pentagono possa aggirare l’embargo di Washington, ma fa capire che il siluramento di uno dei negoziatori con l’Europa rientra nella guerra dichiarata dal falco Ahmadinejad a tutti i fedelissimi di Rafsanjani.

Con un colpo solo gli ultra conservatori avrebbero azzerato la trattativa di Rowhani e fatto fuori un uomo di Rafsanjani che puntava sulle trattative nucleari per rilanciare i rapporti con Europa e l’Occidente.

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