Roberto Fabbri
Leliminazione del «regime sionista» (un eufemismo per non nominare direttamente lo Stato dIsraele) è lunica vera soluzione della crisi mediorientale. Lo ha detto ieri, parlando ai leader di 17 Paesi musulmani riuniti a Putrajaya in Malesia, il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad. E il premier malaysiano Abdullah Ahmed Badawi, presidente di turno della riunione straordinaria dellOrganizzazione della Conferenza islamica (Oci) gli ha in qualche modo fatto eco, evocando lo spettro di una ripresa del terrorismo internazionale qualora continui la dura azione dellesercito israeliano in Libano.
Il capo del regime islamico di Teheran, che nellottobre dellanno scorso fece scandalo per aver auspicato che Israele fosse «cancellato dalla carta geografica» e per aver definito «un mito» lo sterminio di sei milioni di ebrei da parte dei nazisti tedeschi durante la Seconda guerra mondiale, è ricorso una volta di più a toni estremamente aggressivi nei confronti dello Stato ebraico e dei suoi amici. E riferendosi alle differenze di vedute che pure esistono sullargomento allinterno del mondo islamico, diviso tra estremisti e moderati, ha affermato con una tipica semplificazione che queste «derivano da complotti organizzati dal regime sionista».
Nel suo accalorato intervento Ahmadinejad ha chiesto una tregua immediata in Libano e si è rivolto ai Paesi mediorientali e musulmani perché interrompano le relazioni diplomatiche non solo con Israele (riferimento ad Egitto e Giordania, ma anche per esempio alla Turchia), ma anche con le potenze che lo sostengono: in buona sostanza gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Il presidente iraniano si è quindi lasciato andare a una «tirata» contro Washington e Londra, riprendendo concetti già espressi nei giorni scorsi e affermando che non dovrebbero avere posto nel Consiglio di Sicurezza dellOnu. A causa della presenza di simili governi criminali che dovrebbero essere chiamati a risarcire il Libano, ha detto, il Consiglio di Sicurezza «manca della credibilità necessaria per adempiere ai propri doveri».
Le pesanti parole di Ahmadinejad non sono cadute nel vuoto, in particolare se si tiene conto del fatto che nellOci (che conta in tutto 57 membri) sono rappresentati governi con orientamento politico variegato: accanto a estremisti come Iran e Siria ci sono Paesi amici dellAmerica e dellOccidente come la Turchia, lEgitto, lArabia Saudita e gli Emirati del Golfo. Così colpiscono i toni duri adottati nella risoluzione di compromesso votata al termine del vertice malese: si «esige» che il Consiglio di Sicurezza «si assuma le proprie responsabilità» e «decida e renda effettivo un cessate il fuoco immediato e totale»; si esprime inoltre la «ferma convinzione che non ci dovrà essere alcuna impunità per le violazioni del diritto umanitario internazionale: Israele dovrà essere considerato responsabile di tutte le sue azioni». Non una parola sullaggressione ai civili israeliani da parte della guerriglia Hezbollah, finanziata e armata dallIran.
Ma più ancora impressiona il fatto che il segretario generale dellOci, il turco Ishanoglu, abbia rimarcato «lindignazione del mondo musulmano» per la parzialità che la comunità internazionale avrebbe dimostrato nella sua reazione agli attacchi israeliani: Occidente e Islam contrapposti nella visione del rappresentante di un Paese musulmano membro della Nato e che ambisce a entrare nellUe.
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