L’Irap aumenta, ma non per le coop

Antonella Aldrighetti

Irap più salata? Non per tutti. Le cooperative sociali, a differenza di tutte le altre imprese laziali, saranno esentate dall’aumento dell’imposta regionale sulle attività produttive necessario a contribuire alla copertura del buco di bilancio. Una disposizione così si può spiegare soltanto con l’estrema «sensibilità» della giunta Marrazzo nei confronti della funzione sociale esercitata dalle cooperative, che già godono, comunque, di agevolazioni di ogni tipo senza che si senta il bisogno di prevedere ulteriori trattamenti di favore anche in materia fiscale.
Basta fare un passo indietro fino a febbraio scorso per ricordare che il primo provvedimento unilaterale, al riguardo, fu quello di ordinare alle Asl di ottemperare ai pagamenti pregressi nei confronti delle coop fornitrici della Regione, quando invece le imprese con una diversa connotazione sociale avrebbero dovuto attendere i tempi biblici della cartolarizzazione prima di vedere qualche soldo. Ed è proprio nel solco di questo tipo di iniziative che, anche questa volta, si parla di condizioni economiche oltre la comune benevolenza: la giunta ulivista, al momento di stilare la legge finanziaria regionale, ha ritenuto insufficiente il regime fiscale agevolato cui le cooperative sociali sono sottoposte e ha voluto fare di più. Ha infatti aggiunto, nell’atto appena licenziato, precisi vincoli con l’apposizione di un codicillo (articolo 9, comma d) per rafforzare il regime di esenzione per le attività produttive.
Una questione che stride un po’ con le dichiarazioni di due giorni fa dell’assessore al Bilancio Luigi Nieri che ha voluto specificare l’importanza dell’aumento dell’Irap per sanare il debito della sanità precisando: «Un punto in più di Irap è per mantenere fede al Patto per la salute stipulato in sede di Conferenza Stato-Regioni e per coerenza con il piano di rientro del deficit della sanità. L’aumento dell’addizionale dal 4,25 al 5,25 per cento è imposto per risanare la gravosa situazione della sanità del Lazio». Detto questo, però, andando a sbirciare i vari ed eventuali capitoli della finanziaria regionale, troviamo che per favorire il rapporti economici delle coop (non certo quello dei soci-lavoratori che invece vengono retribuiti a parità d’incarico il 30 per cento in meno dei colleghi), vengono stabiliti finanziamenti ad hoc con un ammontare complessivo che supera i 20 milioni di euro. Eccoli. Oltre 2 milioni e 400 mila per le cooperative integrate, più di 17 milioni e 500mila diretti alle società che utilizzano lavoratori socialmente utili e un altro milione di euro per le associazioni di volontariato.
È chiaro che dinanzi a tali inclinazioni ci sia pure chi non riesce a mandare giù l’amaro boccone e rivanghi la questione degli appalti alle coop, diffusa qualche giorno fa. È il senatore Cesare Cursi (An), vicepresidente della commissione Sanità, che getta benzina sul fuoco per criticare pesantemente le esternazioni del governatore Piero Marrazzo su appalti trasparenti, precarietà lavorativa e sanità senza sprechi: «È doveroso chiedersi - spiega - dove sia stato in questi ultimi 18 mesi il presidente della regione quando si è ritrovato a dover spiegare a Luigi Abete, presidente dell’Unione industriali del Lazio, come riuscire a promuovere lo sviluppo e la produttività mentre - incalza Cursi - l’Irap è arrivata al 5,25.

Un risultato che ha decretato per Marrazzo una sorta di soglia di non ritorno: prima sono stati i sindacati a criticarlo, adesso pure la sua stessa maggioranza. E lui continua a dire in giro che il governo centrale aiuterà il Lazio a ripianare il debito».

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