Politica

«L’islam moderato alzi la voce»

«I musulmani che vivono in Paesi democratici come l’Italia hanno il dovere di far valere di più la propria autorevolezza»

Gaia Cesare

«Non siate deboli con il nemico, non invitatelo alla pace, specialmente mentre avete il sopravvento. Uccidete gli infedeli ovunque si trovino. Assediateli, combatteteli con qualsiasi sorta di tranelli». Si è aperta con la citazione di un versetto del Corano, tratto dalla Forza della Ragione di Oriana Fallaci, la prima puntata della serie de «L’Antipatico» (in onda ogni sera, alle 23 circa, su Retequattro), dedicata per l’intera settimana al dialogo, o meglio allo scontro, tra l’Islam e le altre religioni, tra l’Islam e l’Occidente. Una premessa volutamente provocatoria quella di Maurizio Belpietro, per ricordare le polemiche sorte su un’altra citazione, inserita nel discorso pronunciato da Benedetto XVI a Ratisbona e che ha provocato una bufera nel mondo musulmano.
«Un discorso deliberatamente frainteso» quello del Pontefice secondo Marcello Pera, ospite della trasmissione (insieme ad Ali Baba Faye, del centro islamico di Roma), che ha invitato i fedeli islamici «a non favorire interpretazioni di questo o di quel verso, magari estrapolate da questo o quel contesto, per usare parole violente». A poche ore di distanza dall’incontro voluto dal Papa con i rappresentanti del mondo islamico, Pera ha chiesto un passo di onestà intellettuale ai musulmani d’Italia e del mondo, perché diano alle parole di Ratzinger il senso che lui stesso intendeva attribuire loro e che ha ribadito nell’incontro di ieri, «cioè che non si può concepire un Dio che sia violenza».
«Il Papa - secondo il senatore di Forza Italia - ha voluto dire che indipendentemente dalla concezione che si ha ciascuno del proprio Dio, è possibile, attraverso la ragione, comunicare tra uomini di fede diversa». Un percorso complesso, reso ancora più difficile - ha aggiunto l’ex presidente del Senato - «da un’evidenza impossibile da negare: l’esistenza di una tensione tra mondo musulmano e Occidente, provocata da un’interpretazione fondamentalista e aggressiva dell’Islam».
Chi può arginare questa deriva? «L’islam moderato, che dà un’interpretazione dialogante della propria religione». Ma qui Pera lancia la sua stoccata a una parte del mondo musulmano, a «coloro che vivono in Paesi come l’Italia, in cui hanno un’estrema libertà religiosa, la stessa che invece viene negata nei loro Paesi». «La responsabilità è proprio degli islamici più moderati, che dovrebbero far sentire più forte e più autorevole la loro voce».
Come risponde l’Islam moderato a questo appello? Provocato dalle domande di Belpietro - che chiede perché questa mancanza di reciprocità nell’ammissione degli errori dal parte dell’islam rispetto al cattolicesimo - Ali Baba Faye replica con un «mea culpa», in cui ammette che «nell’islam manca una società civile che si confronta». Poi però il rappresentante del centro islamico di Roma insiste sullo spartiacque rappresentato dall’11 settembre, quando gli islamici «si sono trovati fra due fuochi: il fuoco dei cosiddetti jihadisti, che vogliono scippare la loro fede per fini diabolici, e l’offensiva dei neocon, che finisce per provocare reazioni di chiusura identitaria».
Tutto ciò può giustificare il silenzio e la mancanza di posizioni forti delle autorità islamiche sulla jihad?, incalza Belpietro. «Il punto è che nell’islam non c’è un’autorità tipo una Chiesa o un Papa che possa parlare. L’imam è una figura che deve solo presiedere a una preghiera», ammette il rappresentante islamico.
Poi il conduttore chiama alle conclusioni citando Samuel Huntington: «Condividete il parere dello studioso che ha detto che islam e Occidente sono condannati al conflitto?», chiede. Quasi profeticamente i due ospiti si dividono. Faye torna a ricordare 1400 anni di convivenza fra le due religioni e sembra ottimista: «L’islam per come l’ho conosciuto io significa pace - spiega -. Certo non è tutto perfetto, come non lo è il cristianesimo».
Pera è di parere opposto: «Tempo che Huntington abbia ragione. Niente garantisce che il futuro sia pacifico.

È un periodo di tensione e dobbiamo prendere atto di questa realtà, perché se la nascondiamo la situazione può solo aggravarsi».

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