L’isola fortino che dice sempre: «Non c’è spazio»

Sbarcano sulle coste dell’arcipelago per sbaglio. «Volevamo attraccare in Italia», dicono le decine di clandestini che arrivano quasi ogni giorno con mezzi di fortuna a Malta. L’isola - a 93 chilometri dalla Sicilia, 288 dalla Tunisia e 300 dalla Libia - è sulla rotta di migliaia di disperati che cercano un nuovo destino puntando verso l’Europa. Non è la prima volta che Roma e la Valletta litigano sull’immigrazione e che imbarcazioni oggetto di scontro finiscono poi per attraccare in un porto italiano. La vicenda del cargo Pinar ricorda quella della nave Cap Anamur che, nel 2004, avvistò 37 clandestini alla deriva tra Libia e Lampedusa, in acque internazionali. L’imbarcazione chiese il permesso di entrare a Porto Empedocle, senza successo. Il governo italiano sosteneva che la Cap Anamur fosse in acque maltesi e chiedeva alla Valletta di accogliere gli immigrati. Dopo 21 giorni, la nave attraccò in Italia. Oggi, il ministro degli Esteri Franco Frattini accusa l’isola: «Non ha rispettato le regole sulla ricerca e soccorso in mare che affidavano a Malta la responsabilità di accogliere nel proprio Paese» gli immigrati. La Valletta in risposta chiede aiuto all’Unione europea sostenendo tra l’altro di avere un territorio troppo piccolo e un mercato del lavoro troppo limitato per accogliere clandestini. Già nel 2005 faceva appello a Bruxelles per dividere le responsabilità degli sbarchi con altri Paesi dell’Unione.
Per la maggior parte dei maltesi, l’84 per cento, è in corso una vera e propria «crisi nazionale». Lo rivela un sondaggio di Malta Today, uno dei maggiori quotidiani dell’arcipelago, che racconta l’emergenza in numeri: dal marzo 2002 a oggi ci sono stati 12.500 arrivi di irregolari. Malta ha rimpatriato 2.958 clandestini (su una popolazione di 410.290 abitanti) tra gennaio 2004 e settembre 2008. Ma sull’isola rimangono 2.235 immigrati rinchiusi in quattro centri di detenzione aspettando il rimpatrio o documenti di residenza. Altri 2.137 sono ospitati in strutture «aperte». Crescono con i numeri il malcontento della popolazione, la pressione su governo e partiti per trovare soluzioni, le politiche di fermezza sull’immigrazione che hanno un effetto sulla vicina Italia.
Le leggi della piccola isola mediterranea, che oggi maledice quella stessa posizione geografica che la rende turisticamente appetibile, sono dure: chiunque arrivi sulle sue coste da clandestino è rinchiuso in centri di detenzione, senza possibilità di uscire, anche fino a 18 mesi. Dopo, se nel frattempo non sono arrivati i documenti, scatta il rimpatrio. La «crisi nazionale maltese» è ormai diventata il principale argomento di scontro politico sull’isola alla vigilia delle europee di giugno. A Malta, di questi tempi, gli indici di gradimento dei partiti salgono in base al piano anti-immigrazione più tosto perché, raccontano i numeri, il 23 per cento della popolazione pensa che l’isola sia «invasa» e il 32 per cento teme che i clandestini portino via il lavoro ai maltesi. I destini elettorali sono legati agli sbarchi. E forse la fermezza della Valletta sul cargo Pinar ha anche a che fare con le battaglie elettorali.

Il partito laburista all’opposizione è il favorito, anche a causa del piano proposto dai suoi vertici sull’immigrazione: il leader del Labour, Joseph Muscat, ha chiesto al governo di stabilire un numero limite di immigrati che Malta possa ospitare in maniera sostenibile.

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