L’Italia in crisi tra i vecchi riti democristiani

Maurizio Marchesi

La crisi che ha investito il centrosinistra, dopo la rottura maturata nella Margherita, sta riaccendendo le speranze di tutti quei cespugli che da sempre stanno cercando di mettere in crisi il sistema bipolare fondato sul principio dell'alternanza. È come fosse all'improvviso riaffiorato un fiume carsico. Si stanno moltiplicando ipotesi ardite su chi potrebbe passare da uno schieramento all'altro. Grandi movimenti vengono segnalati, al solito, tra le file dell'Udeur. Clemente Mastella, appena si alza un refolo di vento, si trasforma in un ciuffo di prezzemolo, e nelle chiacchiere che si fanno viene accreditato ovunque: a destra, al centro e a sinistra. Si muove anche il Nuovo Psi. Qualcuno ragiona sulla possibilità che di qua e di là si formino soprattutto convergenze di centro destinate a ricongiungersi dopo le elezioni per dare vita a una nuova spiazzante aggregazione che ruoti attorno alle cosiddette intuizioni di un De Mita rivitalizzato dal rapporto con il bel guaglione già radicale poi ambientalista e infine cattolico e comunque democratico.
Insomma, i nostalgici della vecchia politica sono in azione. E anche i dispensatori di medaglie al valore per i responsabili dei disastri provocati dal consociativismo nella gestione della finanza pubblica, dall'assistenzialismo alle imprese decotte e dagli sprechi delle amministrazioni dello Stato. E di quanti hanno utilizzato la montagna di contributi inviati per decenni nel Sud per coltivare clientele, diffondere parassitismi di ogni sorta e riprodurli senza vergogna.
È singolare che questo stia avvenendo proprio quando risulta evidente a tutti che i problemi con i quali si confronta il Paese nascono da quegli errori, non certo dallo sforzo di quanti hanno cercato di invertire la rotta e di predisporre le condizioni per uno sviluppo normale. Attenuando la pressione fiscale e introducendo, sia pure con un eccesso di timidezza, misure di flessibilità nel mercato del lavoro e interventi per razionalizzare la spesa. Non ci fossero stati questi interventi, sarebbe andata molto peggio. Il fatto poi che i parametri europei siano stati sforati, negli ultimi due anni, di un paio di decimali di punto e a seguito della revisione dei sistemi di calcolo adottati da Eurostat, conferma che non è vero che la strada del ravvedimento virtuoso, per quanto riguarda la gestione del denaro pubblico è stata interrotta: se mai, è stata decisamente rafforzata.
Applicata alla gestione della finanza pubblica nella precedente legislatura, la revisione dei sistemi di calcolo produrrebbe ben altri scostamenti rispetto alle previsioni dei governi e ai parametri di Maastricht. Tuttavia, siamo solo all'inizio di un percorso lungo, che presuppone che tutti facciano la loro parte nella distinzione dei ruoli. A partire dalle imprese, come ha ricordato il premier a Confindustria.
Anche per questo non si avverte il bisogno che tornino sulla scena i cattivi maestri e i loro allievi dei bei tempi. Andrebbero isolati, ovunque stanno cercando di riaffiorare, messi nella condizione di non produrre altri danni, non regalando consenso e ruoli impropri. E di qua e di là si dovrebbe con maggiore nettezza far risaltare i contenuti che distinguono i due schieramenti. Sarà un sogno anche questo, ma per rendere finalmente limpido il confronto politico sarebbe il caso di parlare delle questioni con cui deve misurarsi il Paese e di come affrontarle, dai distinti punti di vista dei due schieramenti. Non sarà facile, ma non dovrebbe essere impossibile evitare di perdere tempo per capire dove vogliano parare De Mita, Rutelli e Marini.

E se Mastella è d'accordo con loro.

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