L’Italia ha deciso: sono i ribelli i nostri interlocutori in Libia

RomaRiconoscimento formale del Consiglio Transitorio libico, assoluta contrarietà ad una divisione del Paese, possibilità di fornire armamenti agli insorti anti-Gheddafi e chiusura totale nei confronti del colonnello che «non è un interlocutore credibile».
Franco Frattini riceve alla Farnesina il rappresentante della politica estera di Bengasi Alì Al Isawi (già ambasciatore di Tripoli in India) e chiarisce la linea su cui è intenzionato a procedere il nostro governo - d’intesa con gli alleati - a cominciare dalla uscita di scena del dittatore libico e della sua famiglia, che sarà perseguita fino al momento del successo finale. Il nostro ministro degli Esteri, in materia, è stato molto secco: chiarito di aver parlato poco prima del suo incontro col rappresentante del Consiglio col suo omologo greco Dimitris Droutas presso il quale si era recato un intermediario di Tripoli per cercare di fare in modo che ad un eventuale tavolo delle trattative fosse presente Gheddafi, ha fatto sapere che Roma non crede più al Colonnello, alle sue promesse ed alle sue offerte di garanzia. «Sul cessate il fuoco - ha fatto notare Frattini - le proposte avanzate da lui stesso non sono state mantenute. Continuava a massacrare i civili. Dovremo dunque imporre il cessate il fuoco, continuando a usare le forze armate per proteggere i civili».
D’accordissimo con queste tesi Al Isawi, per il quale non è scritto da nessuna parte, ma neppure da escludere, che il Consiglio Transitorio possa chiedere ai Paesi occidentali e dunque anche all’Italia, di fornire armi agli insorti (dopo che lo hanno già fatto Qatar ed Egitto). Tema delicato che ha trovato consenziente Frattini solo come «extrema ratio» e, naturalmente, col benestare dell’alleanza.
Il faccia a faccia comunque serviva soprattutto a dipanare le ombre che qualcuno credeva di aver intravisto tra Bengasi e Roma, dopo gli anni delll’intesa con Tripoli. Al Isawi ha fatto presente che «l’Italia è il maggior partner commerciale della Libia e come i rapporti tra italiani e libici siano esistiti ed esistano al di là del regime del colonnello Gheddafi». Anzi, il Consiglio transitorio immagina di «affidarsi all’esperienza ed alle competenze italiane per la ricostruzione della Libia distrutta dalle truppe di Gheddafi». E ha assicurato ancora, il ministro degli esteri in pectore dei rivoltosi, che se prevarranno si faranno carico di un controllo più efficace dell’emigrazione in partenza dalle loro coste e diretta su quelle italiane. Ipotesi questa accolta con soddisfazione da Frattini per il quale, specie negli ultimi tempi, proprio il Colonnello usava i profughi cone una forma di ricatto nei confronti dell’Italia.
Al Isawi ha consegnato al nostro ministro degli Esteri il documento programmatico degli anti-Gheddafi in cui ci sono elementi che l’Italia e l’alleanza auspicano possano essere realizzati: riconoscimento delle libertà, diritti umani, nessuna influenza del radicalismo islamico, nessun contatto con Al Qaida, impegno a combattere terrorismo e criminalità».

Da parte sua Frattini, assieme ad un incremento degli aiuti umanitari (nave ospedale e medici da inviare a Bengasi), ha fatto sapere di esser pronto a mettere a disposizione esperti di energia (il ministro ha accennato ad una trasferta del presidente dell’Eni Scaroni a Bengasi nei giorni scorsi, ma poi dalla Farnesina hanno corretto, parlando di contatti telefonici), trasporti, infrastrutture.
Per intanto, «molto presto», forse già in settimana, il consolato italiano nella capitale della Cirenaica si trasformerà in una vera e propria ambasciata.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica