L’Italia ingaggia un «maestro» cinese

nostro inviato a Melbourne

Klaus Dibiasi non dimentica la ricetta di un maestro cinese. E ogni tanto la ripete: «Per battere i cinesi bisogna saltare più in alto e girare più veloci». Visto Sacchin, ha rispolverato la sentenza. Ed ha aggiunto: «Christopher è il classico tuffatore da un metro: forte, potente, tempista. Me lo hanno detto proprio i cinesi dopo averlo visto in gara». I cinesi sono maestri, specie imbattibile nel mondo dei tuffi. Chi può, ne ingaggia i tecnici per scoprire trucchi e meraviglie. Giorgio Cagnotto ha proposto la stessa idea al presidente Barelli. E sarà accontentato. «Serve insegnare ai nostri a girare più veloci, siamo in crescita, occorre un salto di qualità».
Idea che avrà sviluppo immediato, prima di Pechino. Cagnotto ha già in mente i nomi. Ieri Ron O’Brien, il tecnico di Greg Louganis, si è avvicinato per complimentarsi: la scuola di Bolzano ha aggiunto una medaglia al pedigree.
Anche se Tania, la figlia di Giorgio ha deluso se stessa e tutti, non inserendosi nella finale a 12 della piattaforma. Ha chiuso 13ª dopo aver sbagliato il quarto tuffo. Delusione e scoramento, nonostante una caviglia malconcia: «Basta! La smetto con la piattaforma, mi sono detta appena chiusa la gara». Papà le ha detto di pensarci bene.

In compenso Valentina Marocchi è approdata alla finale vinta dalle solite cinesi: è finita 10ª, ma si è qualificata per Pechino.
Ben altra storia rispetto ai nuotatori del fondo, affondati nella 10 km. Destino che ha colpito tutta la spedizione: altro che colpi bassi e meduse.

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