L’italiano ucciso e l’italiano che ha ucciso

Matteo Miotto aveva ventiquattro anni. Cesare Battisti ha cinquantasei anni. Matteo Miotto era primo caporal maggiore degli alpini. Cesare Battisti è un terrorista dei Proletari armati per il comunismo. Matteo Miotto è stato ucciso nella terra del Gulistan, in Afghanistan, lo hanno centrato al fianco i proiettili sparati da un cecchino di cui, ovviamente, non si conoscono le generalità. Cesare Battisti ha ucciso quattro italiani, l’agente di custodia Antonio Santoro, l’agente Andrea Campagna, il macellaio Lino Sabbadin, il gioielliere Pier Luigi Torregiani, oltre ad avere commesso vari reati, rapine e atti di libidine nei confronti di incapace. Matteo Miotto era partito per l’Afghanistan «perché la bandiera va onorata e difesa, perché questa è la storia, perché questa la tradizione del popolo di Vicenza e i ragazzi a questo devono pensare», così aveva detto tenendo sul capo, con orgoglio, il feltro con la penna nera. Cesare Battisti si è rifugiato in Brasile, dopo aver trascorso altre fette vigliacche di vita in Francia, perché ritiene che l’Italia sia pericolosa e bugiarda; lui, infatti, si proclama innocente, i rivoluzionari nostrani hanno il coraggio soltanto delle parole, si cibano alla stessa mensa dei mafiosi.
L’ultimo giorno del duemila e dieci ha regalato le esistenze diverse di due italiani. Matteo Miotto va ad aggiungere il suo silenzio finale a quello di altri (...)
(...) soldati morti per guerra difendendo la pace. A Thiene la mezzanotte è arrivata senza spumante, senza balli, senza promesse. Le parole tragiche sono scivolate sui visi rigati dalle lacrime, lo strazio di una famiglia era coperto dai fuochi di artificio, spari di festa, non di morte. In quella casa di Zanè, dove Matteo viveva, il duemila e undici non incomincerà mai.
Cesare Battisti aggiunge la sua fuga protetta a quella di altri complici, di sinistra e di destra, che nulla hanno a che fare con questa Italia che non è mai stata loro ma che hanno voluto violentare. A Papuda, nel carcere che sta a trenta chilometri da Rio, avranno anche festeggiato, forse nella cella numero 5 che il terrorista occupa insieme con un suo sodale svizzero evasore fiscale. Lula, il presidente, ha voluto lasciare l’incarico con un ultimo messaggio provocatorio, uno schiaffo agli italiani. Napolitano, il presidente, non ne ha fatto cenno alcuno nell’ultimo discorso dell’anno. Matteo Miotto tornerà in Italia accolto dalle solite facce di circostanza, il funerale, il bacio alla bara, la bandiera appena accarezzata, il rintocco della campana, il saluto dei commilitoni; la sua è cronaca di guerra, cattiva, maledetta, Matteo lo aveva scritto nel testamento, con il desiderio di essere sepolto nel cimitero tra i caduti di guerra, l’aveva prevista, ne aveva forse annusato l’odore acre ma l’aveva voluta, fortissimamente, come omaggio alla Patria. La Patria, che cosa è mai la Patria per Cesare Battisti? Il terrorista non tornerà in Italia, meglio le tane del Brasile, meglio la Francia, lontano da chi potrebbe riconoscerlo già conoscendolo. Eppure troverebbe il sorriso e l’abbraccio dei compagni, perché, come ha detto ieri il deputato Cento Paolo della presidenza nazionale di Sinistra ecologia e libertà «... le reazioni politiche e istituzionali alla decisione di Lula sono spropositate... semmai si colga questa occasione per riaprire finalmente una riflessione seria nel nostro Paese sul come chiudere definitivamente la stagione degli anni di piombo anche attraverso un provvedimento come l’amnistia...».
Sì, sarebbe davvero l’ora di riflettere, di allestire, per esempio, un incontro tra i parenti di Torregiani, degli agenti Santoro e Campagna e del macellaio Sabbadin, con questa nuova vittima del regime italiano, Cesare Battisti da Sermoneta.
Ci potrebbe pensare proprio Cento Paolo che si occupa di ecologia e di libertà oltre che delle curve del football.

Matteo Miotto è andato a morire in Afghanistan anche per questa tribù di connazionali, per chi gioca con la propaganda, evitando il rispetto della morte, usando la vita altrui per confezionarsi un bottino elettorale. Sono questi gli italiani che si meritano Cesare Battisti. L’Italia di Matteo Miotto resta senza parole. Forse non esiste più.

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