Chi lha detto che i videogiochi fanno male? Non sempre è così. Per combattere lambliopia nei bambini, nota anche come «occhio pigro», i game boy sono utilissimi perché riducono al minimo i tempi di bendaggio e, al tempo stesso, i disagi per i piccoli pazienti. Lo dimostra una ricerca fatta dallequipe del professor Paolo Nucci, direttore della Clinica Oculistica Universitaria dellospedale San Giuseppe di Milano, che ha preso spunto da uno studio americano.
«Lambliopia, purtroppo, incide in maniera rilevante sulla salute dei cittadini - sottolinea il professor Nucci - si calcola che ne sia affetta dal 2 al 5 per cento della popolazione, con vari livelli di gravità. Va da sé che il problema quasi inapparente in visione binoculare può diventare drammatico, quando e se il paziente ha un problema nellocchio migliore. Questo è il motivo per cui è indispensabile riconoscerla per tempo, entro i sei anni di vita, e trattarla».
Il metodo è quello di penalizzare locchio buono, inducendo quindi un discreto disagio nellattività quotidiana del soggetto da trattare, e far lavorare quello pigro. Ma la pratica è lunga e noiosissima per i bambini, costretti a tenere ore e ore locchio chiuso dalla benda. Per non parlare poi del disagio psicologico, che hanno davanti allo stupore o alle domande dei coetanei.
«Per questo sulla scia di uno studio americano - racconta il direttore della clinica oculistica - il mio gruppo ha raccolto 120 piccoli dai 4 ai 6 anni, dividendoli in 20 gruppi. Sessanta di questi sono stati osservati e trattati con locclusione tradizionale, ovvero tenendola tutto il giorno. Agli altri, invece, abbiamo bendato un occhio dalle 2 alle 4 ore, costringendo quello pigro a lavorare in maniera molto intensa, sotto lo stimolo di un game boy. Abbiamo ottenuto risultati sorprendenti e siamo soddisfatti perché la nostra tecnica ora viene utilizzata in molti ospedali italiani».
Locclusione part time (2 ore per cinque giorni a settimana) è ugualmente efficace rispetto alla full time, nelle ambliopie di grado lieve, se associata allimpiego di intense stimolazioni visive, appunto come i videogiochi che vengono usati a distanza ravvicinata. «Anche i tempi di recupero (3 mesi circa) sono sovrapponibili, come la stabilità dei risultati - sottolinea il professor Nucci -.
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