L’Ocse promuove l’Italia: "Traina la ripresa"

L’organizzazione parigina: «Con la Francia fuori dalla recessione». Superindice, nel nostro Paese il maggior aumento Buone notizie anche dalla produzione industriale, cresciuta dell’1% in luglio. A luglio-settembre atteso un +3,2%

L’Italia si allontana dall’iceberg della recessione. Anche se la navigazione è ancora a vista, il pericolo di una collisione in grado di affondare la nave sembra scongiurato. A confortare la tesi secondo la quale il picco della crisi è ormai superato, il recupero messo a segno in luglio dalla produzione industriale e le parole spese ieri dall’Ocse, che attraverso il proprio superindice previsionale accredita la penisola della miglior performance tra i 29 Paese esaminati, mettendoci in pole position per la ripresa.
I mesi scorsi erano stati un appuntamento da brivido con l’andamento del settore manifatturiero. Contrazioni produttive robuste si erano accoppiate alle frenate, altrettanto brusche, di fatturato e ordinativi in una continua spirale al ribasso. Luglio potrebbe invece aver rappresentato il punto di svolta: la produzione è cresciuta infatti, in base ai dati Istat, dell’1% rispetto al mese precedente, quando aveva subìto una flessione dello 0,6% (valore rivisto dal -1,2% della lettura preliminare). Per effetto dei pesanti decrementi dei mesi scorsi, il confronto con luglio 2008 mostra una caduta del 17,5% e del 21% nei primi sette mesi, anche se questi valori negativi potrebbero essere attenuati se, come prevede l’Isae, il trimestre luglio-settembre porterà in dote un aumento della produzione del 3,2% sul periodo aprile-giugno.
Questo cambio di marcia non riguarda tutti i settori di attività (macchinari e attrezzature sono ancora in grave sofferenza), ma dovrebbe riflettersi positivamente sull’andamento del Pil, sceso nel secondo trimestre dello 0,5% mensile e del 6% su base annuale. Alcuni economisti non escludono un’uscita dell’Italia dalla recessione nel trimestre in corso, pur tenendo conto di due variabili-chiave come i consumi, destinati per la Confesercenti a contrarsi del 2,4% quest'anno (lieve risalita nel 2010), e delle esportazioni, che stanno già beneficiando della ripresa della domanda mondiale (+5% sempre in luglio).
«Siamo usciti dal pericolo maggiore - afferma il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi -. Questo non significa abbassare la guardia dal punto di vista della coesione sociale e della protezione delle persone che hanno perso il lavoro». Il ministro dello Sviluppo, Claudio Scajola, prende invece spunto dai dati sulla produzione per riaprire la polemica con Confindustria, che mercoledì aveva parlato di un recupero fiacco e insidioso soprattutto sotto il profilo occupazionale: questi dati «smentiscono le molte Cassandre che oggi, non potendo negare i segnali di ripresa, affermano che il recupero sarà molto lento e ciò avrà pesanti riflessi occupazionali». Già nel febbraio scorso Scajola aveva puntato l’indice contro le previsioni di viale dell’Astronomia, dicendo che era ora di finirla «con questi corvi».
In effetti anche l’Ocse, solitamente abbottonatissimo e mai troppo tenero nei nostri confronti, riserva invece un trattamento inaspettato alla recovery tricolore. «Chiari segnali di ripresa - spiega l’organizzazione parigina - sono ora visibili in tutte e sette le maggiori economie avanzate, in particolare Francia e Italia». In media il Superindice previsionale, una specie di barometro sulle prospettive economiche a sei mesi, è salito in luglio di 1,5 punti rispetto a giugno, mentre nel nostro Paese ha recuperato 2,7 punti su base mensile e 8 punti rispetto a luglio 2008. L’Ocse mette inoltre la penisola e la Francia ai primi posti per una «possibile espansione» nei prossimi mesi.
Anche negli Stati Uniti il clima sta migliorando, come dimostra la fiducia dei consumatori, salita in settembre a 70,2 punti, dai 65,7 punti di agosto. Meno buone, tuttavia, le notizie dal fronte del deficit federale, che in agosto ha toccato un nuovo massimo storico di 1.

378 miliardi di dollari, con un aumento mensile superiore ai 111,40 miliardi. Sui conti Usa continuano a pesare le misure di contrasto alla crisi prese nei mesi scorsi, anche se ad agosto la spesa pubblica è calata e a determinare il passivo è stata la discesa delle entrate.

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