da Roma
Daniela Santanchè, lei è fuori dal parlamento da meno di due mesi e il ministro dellInterno Maroni, parlando di prostitute, ha appoggiato la sua idea sulla riapertura delle case di tolleranza. Si diverte a fare politica da donna libera?
«Due-tre sere a settimana io vado in giro per i quartieri di Milano a parlare con le prostitute, insieme con i comitati dei cittadini. Mi porto dietro gli interpreti. Per risolvere i problemi bisogna conoscerli».
Quindi non le pesa stare fuori.
«Il ruolo serve alle persone che non hanno idee. La politica non la fai solo se stai seduto in parlamento. Ora con il mio quesito referendario sulla riapertura delle case per prostitute mi sono posta al centro del dibattito politico... Ma il mio interesse è migliorare la vita degli italiani. Sono pronta a dieci passi indietro se il ministro Maroni mi ascolta».
Gli cederà la sua proposta?
«Maroni lho sempre considerato un uomo intelligente e ricordo che questa battaglia per primo la lanciò Umberto Bossi, fu lui a parlare di quartieri a luci rosse. Vorrei ora fare un appello al ministro Maroni, perché inserisca la prostituzione nel pacchetto sicurezza».
Quando?
«Giovedì spero di incontrarlo, e se verranno prese iniziative per risolvere questo problema, allora rinuncio al referendum. Altrimenti da domenica mi metto a raccogliere le firme con le altre donne del comitato referendario. Bisogna prendere atto che la prostituzione non si può cancellare. E siccome non si può cancellare, per restituire dignità alle donne schiave, per dare ai cittadini strade protette, occorre regolamentarla. Non voglio minare i principi della legge Merlin, ma sta per compiere 50 anni. La prostituzione in Italia è cambiata».
Come le immagina, lei, queste case chiuse?
«A me interessa combattere la nuova schiavitù di questo tempo, quella degli sfruttatori che portano qui ragazzine con le promesse e invece le mettono sulla strada, le picchiano, le maltrattano. Mi interessa chiudere questi bordelli a cielo aperto, ridare le strade agli italiani, che non si meritano questo scempio. E consentire alle donne che invece fanno la scelta di prostituirsi, di organizzarsi in modo autonomo».
Come?
«Devono essere lavoratrici a tutti gli effetti che pagano le tasse e che hanno tutti i diritti del lavoratore. Smettiamola con la nostra impostazione ideologica e bigotta. Chi decide di fare la prostituta diventi una lavoratrice, si organizzi in cooperative. Il termine case chiuse non mi piace».
Crede che questo sarebbe uno scacco per gli sfruttatori?
«Ogni corpo di donna a un uomo rende dai 5 ai 7mila euro al mese. Io non accetto che una donna debba avere un maschio sfruttatore e pappone».
Il pacchetto sicurezza è incompleto se non si parla di prostituzione?
«Noi abbiamo così tante prostitute per le strade perché gli sfruttatori sanno che da noi cè la tolleranza assoluta e non cè la certezza della pena. Se noi invece avessimo una legge dura, se gli sfruttatori sapessero che non possono più mettere le ragazze per le strade perché noi le mandiamo via, i flussi scenderebbero in maniera inimmaginabile».
È favorevole allespulsione per le prostitute?
«Sono daccordo. Quelli che non lo sono, non vivono certamente nei quartieri dove le donne hanno paura a tornare a casa perché per la strada hanno venti, trenta prostitute, la droga, lo spaccio di armi. Questo governo ha vinto le elezioni sulla sicurezza. Bisogna avere il coraggio anche di metterci i soldi. Più soldi alle forze dellordine, i cittadini vogliono carabinieri e polizia per le strade, invece sono pochi e pagati poco. I politici forse non hanno capito a che punto siamo arrivati, ma i cittadini lo sanno benissimo».
A che punto?
«Moltissime ragazze sono minorenni. Due notti fa una giovane di sedici anni mi ha chiesto aiuto. Sono terrorizzate. Le prostitute sono tutte con me. Dicono che ho abbandonato le ipocrisie dei politici».
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