L’onorevole trucco che salva lo stipendio di deputati e senatori

RomaE alla fine la casta vince su tutto. Resiste alla crisi, alla scure di Giulio Tremonti, ai tempi che cambiano. Casta qui intesa come quella politica. Entrando più nel dettaglio, il riferimento è ai 945 rappresentanti del popolo (630 deputati e 315 senatori): mentre il popolo soffre, i rappresentanti continueranno a mantenere sostanzialmente integro il loro stipendio anche dopo la manovra economica dei sacrifici.
A palazzo Madama e a Montecitorio si stanno definendo le linee di rigore da adottare entro l’estate. L’idea è quella di applicare anche agli eletti - a ruota di quanto prevede la manovra per ministri e sottosegretari - la riduzione del 10% delle entrate. Come sforzo, potrebbe fare un certo effetto. Nemmeno tanto sconvolgente, per la verità, dato che i compensi medi dei parlamentari italiani sono notoriamente di altissimo livello in Europa.
A sconvolgere, però, è la sorpresa che sembrerebbe nascondersi dietro l’apparente «taglietto»: la parte preziosa della busta paga, ossia l’indennità, rimane invariata. Inviolata, intoccabile. Non si abbassa d’una virgola: 5.486,58 euro per i deputati e 5.613,59 per i senatori. Netti naturalmente. È questa la parte più importante del pacchetto delle onorevoli entrate, perché dal lordo dell’indennità si capitalizzano l’assegno di solidarietà e l’assegno vitalizio. Anche questi invariati al centesimo.
Per i deputati, come per i senatori con lievi differenze, il 6,7% dell’indennità lorda (784,14 euro) confluisce ogni mese in un apposito fondo. Al termine del mandato, l’onorevole riceve l’assegno pari all’80% dell’importo mensile dell’indennità per un numero di anni equivalente alla durata del servizio.
C’è poi l’assegno vitalizio, per il quale il deputato versa ogni mese l’8,6% dell’indennità lorda, 1.006,51 euro: ne avrà diritto qualora abbia completato i cinque anni del mandato. Pensione a partire dai 65 anni (60 anni per i rieletti), dal 25 all’80% dell’indennità. Sempre da lordo, i deputati attingono 526,66 euro al mese per l’assistenza medica integrativa. Facile comprendere come, non vedendosi toccata l’indennità, il deputato manterrà identica la pensione. Indennità invariata uguale pensione salvata.
Le eventuali rinunce parlamentari riguardano la parte della busta paga che è ininfluente per i vitalizi.
Oltre ai quasi 5mila euro e mezzo fissi, infatti, deputati e senatori percepiscono la cosiddetta diaria, per le spese di soggiorno a Roma: 4.003,11 euro al mese netti. Equivalente, tanto per rendere più concreti i numeri, a un appartamento di 150 metri quadrati nel centro storico. Questa voce sarà dimezzata a 2mila euro, ma può tornare a 4mila: dipenderà dal numero di presenze in aula del parlamentare. Se non sarà assenteista, la diaria rimarrà come prima. Ecco perché è già stata ribattezzata «a punti»: «Stiamo mettendo in atto una rivoluzione - spiega una fonte che sta seguendo da vicino i colloqui tra Fini e Schifani sui tagli - ci sono novità che in questi palazzi non si sono mai viste. L’intenzione è di risparmiare il più possibile. La discussione è ancora in corso». Le altre entrate mobili che si potrebbero ridimensionare sono i rimborsi per il «rapporto tra eletto e elettori» (4190 euro al mese) e le spese telefoniche (3.

098,74 euro l’anno), senza contare le generosissime indennità per gli spostamenti casa-aeroporto (i biglietti, si sa, sono gratis).
Ma alla fine, a conti fatti, il parlamentare non perderà più di mille euro al mese. Mille euro non pesanti, ma leggeri, indolore. Quasi invisibili.

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