L’Onu: «Prigionieri politici i detenuti dell’Eta»

Concessa una patente di legittimità ai terroristi baschi

Manila Alfano

È un colpo a sorpresa. Un rapporto dell’Onu sulla tortura definisce i terroristi dell’Eta «prigionieri politici baschi». La notizia rimbalza sul governo Zapatero come un pugno nello stomaco, qualcosa di assurdo, una patente di legittimità politica regalata al gruppo indipendentista che da anni combatte la Spagna con bombe, sangue e guerre senza quartiere. Parole che finiscono per mettere in difficoltà la politica di pacificazione di Zapatero, che con fatica e molti rischi sta cercando di far uscire il partito basco dall’illegalità. La pace, su queste basi, rischia di diventare difficile.
L’Onu, di fatto, ha dato ragione alla ribellione armata dell’Eta. È una vittoria quasi insperata. Il rapporto, firmato dal nuovo relatore sulla tortura, l’austriaco Manfred Novak, critica la Spagna per la permanente «dispersione» dei detenuti baschi, la cui riunione nelle carceri di Euskadi è chiesta pressantemente dall’Eta, e per essere rimasta sorda alle richieste di indagare le denunce di tortura. Il relatore denuncia anche la violazione di alcuni diritti della difesa e dei familiari nei contatti con le persone arrestate e detenute.
Ma c’è di più. L’Onu fa notare a Madrid che dei 528 prigionieri politici dell’Eta solo undici si trovano in penitenziari baschi. L’idea di isolare i terroristi dal proprio territorio, a quanto pare, viene giudicata dai funzionari delle Nazioni Unite un barbaro segno d’inciviltà. Il rapporto è della scorsa primavera, ma è arrivato a Madrid solo da un paio di giorni. Zapatero si è indignato e ha definito questo castello di carte una serie di sciocchezze. Poi ha rispedito tutto al mittente. Il problema più grave è tenere a bada mass media e opinione pubblica. Se infatti il premier spagnolo dà per scontato che Batasuna, il braccio politico dell’Eta, possa presentarsi alle elezioni municipali, un sondaggio rivela che l’87% degli spagnoli si oppone alla legalizzazione del partito basco.
All’orizzonte di questo scenario politico c’è il processo di pace, che sotterraneo e segreto sembra andare avanti. Da giorni ormai si rincorrono le voci secondo cui «contatti» per preparare il negoziato formale sarebbero avvenuti di recente a Oslo. Secondo il quotidiano conservatore Abc, che per primo aveva dato la notizia, l’incontro sarebbe avvenuto a Dolmen-Kollen, a nord della capitale, in un hotel in mezzo a un bosco frequentato da pochi turisti nei mesi invernali.
Per il momento sia il governo spagnolo sia quello norvegese negano che i colloqui siano tuttora in corso, anche se nessuno nega il fatto in sé.
Se da una parte il segretario organizzativo del Partito socialista, José Blanco, si limita a dire che le informazioni sui contatti preliminari non sono «esatte», dall’altra il ministro dell’Interno, Rubalcaba, ha spiegato che «le cose stanno andando meglio di sei mesi fa».
Secondo il quotidiano Abc, già nel 2005 ci sono state quattro riunioni segrete a Ginevra e poi a Oslo tra un rappresentante del governo Zapatero, il socialista basco Jesus Eguiguren, e il capo politico dell’Eta Josu Tenera per pattuire la «tregua permanente», poi dichiarata il 22 marzo del 2006.

È probabile che Oslo sia solo una prima tappa, e che le fasi successive del processo di pace si discutano in altre città europee. Questo ovviamente è un desiderio espresso più volte dall’Eta, non solo per ragioni di sicurezza, ma soprattutto per la sua pretesa di estendere «l’internazionalizzazione del conflitto basco».

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