Alessandra Miccinesi
Ipocrisia allindice. Il ritorno di Leo Gullotta alla prosa è segnato da una commedia mascherata da pochade con lanima profondamente drammatica. LUomo, la bestia e la virtù, una tragedia annegata in una farsa zeppa di cinismo, storie di corna e il classico, pirandelliano, gioco delle parti.
Un rientro in grande stile sul proscenio del teatro Eliseo - dal 18 aprile al 14 maggio - che per il garbato attore siciliano sa tanto di rivincita sullattuale modo di intendere il teatro nel bel paese: «Più che teatri ormai sembrano set televisivi, e non dico altro» dice Gullotta, che daccordo col regista e amico Fabio Grossi ha puntato vincente su un famoso apologo dellipocrisia scritto da un suo celebre conterraneo, vincitore del Nobel. Luomo, la bestia, e la virtù, graffiante satira nata 85 anni fa dalla pungente penna di Luigi Pirandello, tratta dalla novella Richiamo dobbligo e messa in scena per la prima volta nel maggio del 1919 dalla compagnia Antonio Giandusio - al dissenso della prima milanese, e alla rimozione dalle scene durante gli anni del fascismo, seguirono gli applausi newyorkesi e di mezza Europa -, è un duro apologo sul perbenismo borghese costruito su una linea di regia che punta soprattutto sulla maschera interpretativa.
«Gli attori non useranno artifici, ma solo le proprie espressioni» spiega il regista Grossi, che nel 1977 debuttò come attore proprio in questa commedia accanto ad Aroldo Tieri. Luomo, la bestia, e la virtù, produzione centrale del 2006 del Teatro Eliseo, ha per protagonisti Carlo Valli, Antonella Attili, Gianni Giuliano. Oltre, naturalmente, a Leo Gullotta. «È un progetto che accarezzavo da tempo, ma ci ho pensato su prima di accettare perché credo che stare a teatro voglia dire condividere, stare insieme. Oggi il teatro si fa in nome del gossip, niente a che vedere con la libertà o lemozione», confessa lattore, che nelladattamento dei tre atti scenici (costumi di Luigi Perego e musiche di Germano Mazzocchetti) interpreta il ruolo del Signor Paolino, linsegnante borghese che, dopo lincidente di percorso con la virtuosa signora Perella, sposata a un ammiraglio infedele, ma rimasta incinta del professore, per riparare costringe il Capitano Perelli a compiere il proprio dovere coniugale con la signora grazie a una torta preparata con un afrodisiaco. Cosa non si farebbe in nome della rispettabilità? «Io sono una persona civile che parla sempre chiaro - puntualizza Gullotta -. Da quarantanni faccio il mestiere che ho sempre amato fare, e lo faccio sorridendo. Sempre con la schiena dritta. Non ho mai accettato compromessi. È una libertà che si paga, questa». Dai travestimenti irriverenti del Bagaglino nei panni della Signora Leonida, al cinema dautore (Nuovo Cinema Paradiso) fino alla fiction di qualità (Cuore), Leo Gullotta - attore formato alla scuola di Turi Ferro - spiega qual è il segreto della sua versatilità. «Sono attore, non un personaggio. Un cocciuto che ha anche voglia di indignarsi. Sarò ingenuo, ma amo fare il mio mestiere sapendo che non è utile sedersi sullo sgabello: bisogna stare sempre in prima linea. Anche così si può costruire un mondo migliore». A chi gli chiede quanta Sicilia cè in questo allestimento, già prenotato nei maggiori teatri italiani per la prossima stagione, Gullotta risponde: «Questo è un testo universale, non regionale: Pirandello pensava in dialetto, ma scriveva in italiano. Nel testo emerge più di quanto non venga messo in scena.
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