L’Orchestra Verdi scende in piazza

Le note della Nona sinfonia di Beethoven non riescono a coprire l’aria tesa che si respira all’Auditorium di largo Mahler. Le prove degli orchestrali della Verdi continuano come se niente fosse, ma loro non ce la fanno più. «Siamo pronti a manifestare - spiega il primo clarinetto Fausto Ghiazza - non siamo disposti a staccarci la spina da soli. Se le istituzioni ci vogliono uccidere, devono prendersi le loro responsabilità».
Storia di un’orchestra che funziona, produce utili ed è amata dai milanesi. La prova? «Vendiamo circa 5mila abbonamenti a stagione e il pubblico non manca mai». Neanche al tradizionale concerto di Capodanno: «È già tutto esaurito», dichiarano gli orchestrali soddisfatti. Storia di un’orchestra che funziona - dicevamo - ma che rischia di chiudere. E il motivo è facile da intuire: «Ci mancano i soldi per garantire una certezza di continuità ai nostri lavoratori». In tutto 94 professori d’orchestra, tre tecnici, una decina di impiegati negli uffici della fondazione e una trentina di giovani, che si turnano come maschere durante i concerti.
«L’avvio dell’attuale stagione è stato possibile solo grazie all’intervento finanziario dei soci - spiega Renato Zambelli, segretario generale Fistel Cisl Lombardia - ora è giusto che le istituzioni locali facciano la loro parte». L’accusa punta diritto verso Comune, Provincia e Regione. «Tutte le orchestre italiane vivono di contributi pubblici pari a oltre il 70 per cento del loro ricavato - chiarisce Zambelli - c’è una legge che stabilisce finanziamenti pubblici a fronte di un servizio pubblico». E per loro, duecento spettacoli l’anno lo sono eccome. «Senza contare ciò che facciamo con i bambini: sono circa 40mila quelli che ogni stagione partecipano alla nostra formazione musicale».
L’età media degli orchestrali si aggira sui 34 anni. Fausto Ghiazza, ad esempio, ne ha 35: lavora alla Verdi dal 1995 e, tra un concerto e l’altro, ha pure conosciuto la moglie che, per non stonare, di mestiere fa il primo clarinetto alla Verdi, proprio come il marito. «Abbiamo un figlio di cinque anni, lavoriamo qui da molto tempo ma entrambi siamo precari. Per questo facciamo appello a Comune, Provincia e Regione». Una richiesta che già nel pomeriggio di ieri era tornata al mittente. «Devono ringraziare il cielo per quello che abbiamo già fatto - sentenzia l’assessore Vittorio Sgarbi - abbiamo già stanziato 298mila euro che però dobbiamo tenere congelati finché la Fondazione non sana tutti i debiti». Secondo il critico infatti, sarebbe la legge a tenere le mani legate al Comune: «Noi abbiamo già dato un forte segnale di disponibilità, ma finché non sanano il loro bilancio noi non ci possiamo fare niente». Lo spauracchio dello sciopero non sembra turbarlo: «Facciano quello che vogliono, io non posso aiutarli». Di debiti però gli orchestrali non vogliono sentir parlare: «Esiste un piano per il risanamento del deficit, quello che chiediamo ora è certezza per il futuro». Ecco i numeri secondo il sindacato: «Abbiamo un bilancio complessivo di 9 milioni.

Sei arrivano dagli abbonamenti, dai biglietti e dai contributi dei singoli cittadini, i tre che chiediamo servono per conseguire il pareggio». Ormai sono decisi: «Se non arriveranno entro 15 giorni, scenderemo in piazza». Come i colleghi della Scala, che dopo le polemiche a Natale, sotto l’albero, hanno trovato un pacchetto speciale.

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