L’Ordine a due velocità: per «indagare» D’Alema tira in ballo Minzolini

RomaUn colpo al cerchio e tre colpi alla botte. Il consiglio dell’Ordine dei giornalisti del Lazio ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti di Massimo D’Alema per il «vada a farsi fottere» gentilmente rivolto al condirettore del Giornale Alessandro Sallusti a Ballarò di martedì 4 maggio.
Ma il provvedimento, doveroso, nei confronti dell’ex direttore dell’Unità, dell’ex presidente del Consiglio, dell’ex ministro degli Esteri è stato corposamente accompagnato da altri tre procedimenti nei confronti di professionisti non ostili o vicini al centrodestra. La possibile sanzione per il líder Massimo non poteva restare un fatto isolato ed è stata più che controbilanciata dalla «punizione» del direttore del Tg1 Augusto Minzolini e dal «rinvio a giudizio» di Maria Giovanna Maglie di Libero e Antonella Piperno di Panorama.
Nei confronti dell’ex inviato della Stampa è stato comminato un avvertimento del presidente Bruno Tucci «per il titolo incompleto letto nella edizione delle 13.30 del Tg1 del 26 febbraio». Materia del contendere l’aver definito «assolto» l’avvocato inglese David Mills e non «assolto per prescrizione» dall’imputazione di falsa testimonianza nel processo All Iberian riguardante il premier Silvio Berlusconi. Quella scelta eccessivamente «sintetica» del Tg1 è stata il cavallo di battaglia di tutta la pubblicistica manettara anti-Minzolini degli ultimi tre mesi. Da ieri i detrattori del direttore sono stati accontentati.
L’Ordine dei giornalisti del Lazio, presieduto da Bruno Tucci ha inoltre deciso inoltre l’apertura del procedimento disciplinare a Maglie e Piperno per gli articoli riguardanti l’anchorwoman del Tg1 Maria Luisa Busi. Quest’ultima aveva presentato un esposto contro due articoli nei quali si criticava l’intervista concessa a Repubblica nella quale la Busi parlava di «rappresaglia» attuata del direttore nei confronti di coloro che dissentivano rispetto alla nuova linea editoriale e di «clima insostenibile». Maglie e Piperno hanno rilevato che, conduzioni a parte, Busi non è stata particolarmente produttiva sul lavoro.
Questioni di lana caprina se confrontate con i toni grossier di Massimo D’Alema a Ballarò. Ed è proprio questo il punto: mettere l’Ordine in condizione di sanzionare un «vada a farsi fottere», un «mascalzone», un «bugiardo», un «la pagheranno mandandogli signorine» ha un prezzo elevato se la parte offesa è il Giornale. Il primo a pagarlo è stato Augusto Minzolini, la seconda e la terza coloro che in qualche modo ne hanno sostenuto le argomentazioni.
Ecco, la sostanza è questa. Su un piatto della bilancia un giornalista che ricorda a un altro giornalista che, in quanto politico, ha beneficiato di un affitto di un appartamento in centro a prezzi ultrapopolari. Sull’altro piatto una nuova progenie di martiri della libertà di stampa, di indignati speciali che si scagliano, con il supporto di Fnsi e Usigrai, contro le voci fuori dal coro.
Ma anche la forma non è meno della sostanza. Queste decisioni l’Ordine dei giornalisti del Lazio le ha assunte venerdì 7 maggio. Il presidente Bruno Tucci, interpellato quotidianamente dal Giornale, non ha mai voluto rivelarle. In quella seduta era assente una delle anime più moderate del consiglio, il vicepresidente Gino Falleri. Il Consiglio, in base alla legge, deve avviare procedimenti disciplinari nei confronti di iscritti che si rendano colpevoli di «fatti non conformi al decoro e alla dignità professionale o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell’Ordine». La performance dell’onorevole e giornalista Massimo D’Alema a Ballarò sembra rientrare nella fattispecie.
Eppure non poteva essere considerata come un caso a sé. In agenda sono state inserite altre questioni. Un po’ come se il Csm dovendo intervenire su un pm iscritto a Magistratura democratica esamini anche altri procedimenti riguardanti esponenti di Unicost e Magistratura indipendente.

L’Italia ha funziona così: basta essere dalla parte giusta e una sequela di insulti, un affitto di un immobile pubblico a prezzi stracciati e una serie di libri strapagati dalla Mondadori di Silvio Berlusconi passano in cavalleria.

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