William Thompson cura le finanze di New York. È il comptroller ma, forse, potrebbe correre per la poltrona del sindaco Bloomberg. E allora, prima di cominciare la campagna del 2009, prepara il terreno. L’operazione comincia la mattina di fronte allo specchio: rasoio in una mano, schiuma nell’altra. Acqua tiepida e via, una bella rasata a quei baffetti che fanno tanto old style. Uomo affidabile, ma non glamour: e per conquistare i concittadini è meglio tagliare. Thompson non s’inventa nulla: fa quello che farebbe qualunque giovane americano prima di un colloquio di lavoro. Vittima di quella che l’«American moustache institute» definisce l’ultima forma di discriminazione, quella contro i portatori di baffi. Gente che non può alzarsi la mattina e rimirare i mustacchi nello specchio, lisciare le punte coltivate con amore, ammirare il folto sopra il labbro senza provare il disagio di essere diversi, legati a quegli anni Ottanta che ormai sono passati, e vanno bene per una serata, ma non in ufficio o in Tv.
È finito il mondo di Walter Cronkite, la voce che ha raccontato l’assassinio del presidente Kennedy e che era anche un baffo, «il più fidato dei media». Ad Aaron Perlut, presidente dell’istituto a difesa dei baffuti, non resta che qualche ricordo: l’icona Freddie Mercury, il vecchio Magnum P.I. Ma anche l’era di Tom Selleck è finita: l’ultima puntata risale al 1988. Perlut, 36 anni e l’orgoglio di sfoggiare un «ferro di cavallo», non si rassegna: «Vogliamo essere l’American civil liberties union per i baffi» ha raccontato al Sunday Telegraph. Il target sono i giovani: «Il baffo è un modo per esprimere la propria personalità, ed è molto meno impegnativo di un tatuaggio». Il baffo cresce, giorno dopo giorno, accompagna il proprietario sotto la pioggia o nella tazza del cappuccino, a volte reclama una spuntata. È il pegno di una scommessa o di un desiderio, la promessa da mantenere: questa volta me li taglio. Giuro. È la chioma di Sansone e gli spinaci di Braccio di ferro.
I baffuti vogliono essere difesi, se è il caso, persino in tribunale. Alla Stache bash, la festa dei mustacchi, hanno partecipato cinquecento fedelissimi, pronti per i campionati di Brighton dove, di solito, trionfano i tedeschi: uomini che hanno la libertà di gestire i propri peli. Invece la Corte suprema non ha trovato nulla da ridire quando un avvocato ha fatto allontanare un giurato solo perché portava i baffi.
Ormai, a un secolo dalle presidenze di Theodore Roosevelt e William Taft, i baffuti aspirano a un rappresentante alla Casa Bianca. Uno che osi sfidare l’uniformità dell’immagine ma, soprattutto, i gusti delle donne. Perché è quello il problema: è tempo di uomini lisci, alle femmine - dice un sondaggio americano - l’uomo baffuto non piace (escluso il pirata Johnny Depp). Più della metà non gli concederebbe neppure un bacio. Per le altre è una reincarnazione dei Village people: va bene al massimo per fare due chiacchiere.
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