Indipendente o non indipendente? Questo è il problema. Parafrasando Shakespeare, potrebbe essere il dubbio su cui ieri è inciampato il neo Amleto caucasico, Eduard Kokoity, presidente dellautoproclamata repubblica di Ossezia del Sud. Che ieri ha creato un giallo intorno ai progetti per il futuro del suo Stato, uscito «vincitore» dalla guerra russo-georgiana. Kokoity ha raccontato il sogno di annettersi alla cugina Ossezia del Nord, diventando di fatto parte integrante della Federazione russa. Il leader ha definito la riunificazione «una questione di verità storica», a cui non si vuole rinunciare. «Per il momento siamo una Repubblica indipendente e riconosciuta, ma aspiriamo alla riunificazione». LOssezia del Sud è divisa da quella del Nord soltanto da una montagna e collegata da un tunnel di quattro chilometri. Mosca ha riconosciuto la sua indipendenza il 26 agosto. Ma il sogno si infrange presto. Kokoity si sveglia, probabilmente con una tirata dorecchie dal Cremlino, e nel giro di unora non solo si autosmentisce, ma passa allattacco dellOccidente cospiratore. AllInterfax il politico, ex campione di wrestling, rettifica: «Apparentemente sono stato frainteso. Noi non abbiamo intenzione di rinunciare alla nostra indipendenza, per la quale abbiamo pagato un enorme prezzo. LOssezia del Sud non sarà parte della Russia». Difficile credere al misunderstanding mediatico. Così Kokoity, tenta di confondere le acque, regalando ai cronisti nuove «rivelazioni»: in passato, politici occidentali gli avrebbero promesso di riconoscere lindipendenza di Tskhinvali da Tbilisi, se lui avesse convinto lOssezia del Nord alla secessione dalla Russia. «LOccidente prometteva di riconoscere la fusione delle due Ossezie in ununico Stato indipendente», ha spiegato.
Il dubbio non sembra attanagliare, invece, il leader dellaltra Repubblica separatista: Serghei Bagapsh, a capo dellAbkhazia. Che sempre da Sochi taglia corto sullipotesi annessione: «La questione per il momento non si pone proprio». Aggiunge poi un particolare per niente irrilevante: «La Russia non ha alcuna ambizione né intenzione di annettersi chicchessia». Questa è la verità. A Mosca lo status quo va benissimo: con basi e militari di stanza nelle due regioni, di fatto se ne assicura il controllo, servendosene come pungolo sul governo filoccidentale di Tbilisi e come monito per le altre ex repubbliche sovietiche.
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