L’«oste» La Mantia racconta se stesso tra ricette e ricordi

«Quando ero bambino andavo con mio padre sul lungomare di Mondello, dove c’erano i polpari. Ne ricordo uno che offriva finocchi con menta, limone e sale da sgranocchiare in attesa di prendere il polpo. Ho riunito questi elementi e ne ho fatto un pesto, da abbinare a un ragù di polpo, che è forse la ricetta a cui sono più legato e in cui in un certo senso mi identifico, perché racconta il mio modo di intendere la cucina, che nasce dall'emozione, passa per gli appunti e diventa, infine, ricetta». Filippo La Mantia ha deciso di raccontarsi - e farsi raccontare - nel libro «Oste&Cuoco», edito da Fabbri, che, tra piatti e racconti, traccia il profilo del celebre chef della «Trattoria» (via Pozzo delle Cornacchie 25; 0668301427). «Amo definirmi oste - prosegue La Mantia - perché credo sia una figura straordinaria e quasi scomparsa».

Nel volume tante ricette ma anche i ricordi di alcuni dei più cari amici dello chef, tra i quali diversi nomi noti, da Lorenzo Zichichi a Marta Marzotto. La parte pratica è articolata in 20 schede su spezie e aromi, e 60 ricette ripartite in quattro sezioni - siciliane, senza aglio e cipolla, agli agrumi, a base di cous cous.

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