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L’Udinese è da luna park E il Milan va sull’ottovolante

Grazie ai gol di Gilardino (2), Seedorf, Pirlo e Kakà, arriva l’ottavo successo consecutivo che spazza le critiche di Champions

Franco Ordine

da Milano

Il Milan sale sull’ottovolante. Cinque gol all’Udinese e per un quarto d’ora, il tempo canonico dell’intervallo, si ritrova alla pari con la Juve, a quel punto ferma ancora sullo 0 a 0 col Livorno. Poi torna a meno due ma resta il grande divertimento di una domenica da incorniciare. Perché, chiusa la parentesi del Psv e della Champions che tremare i polsi fa, la squadra di Ancelotti confeziona la prova più esaltante della sua strepitosa striscia, otto successi di fila. Dalla sconfitta con la Samp sembra passato un secolo, non solo poche settimane. Sull’ottovolante, il Milan risolve tutti i problemi, falsi e autentici, segnalati dalla coppa Campioni. Innanzitutto lo stato di forma dei suoi bomber di razza, con Gilardino che è un fuoriclasse e appena sente odore di gol piomba sulla preda come un falco. Così capita a metà della prima frazione con l’Udinese, dopo una proficua azione di Inzaghi: Gilardino è come un mago, fa sparire l’attrezzo nel corso di una giravolta, e appena la palla ricompare ha il tempo di infilarla sotto la schiena di Paoletti. È il gol che spiana la strada al Milan e che mette l’Udinese spalle al muro. Gilardino conserva ciò che Inzaghi è capace di creare, con una disponibilità mai segnalata prima in carriera. È come se gli accidenti e gli incidenti gli avessero sviluppato la generosità oltre che la pazienza.
Non c’è bisogno di Shevchenko, rimasto a prendere umido in panchina, per mettere al sicuro il risultato e l’ottava consecutiva. Con Gilardino e Inzaghi in gran spolvero, il Milan colma una lacuna (0 a 0 martedì sera) e con i centrocampisti recuperati al meglio della forma, ripete la performance incassata contro la Juve. Gattuso fa l’incudine, prende tutti i colpi e mai ne restituisce ma neanche se preso a martellate riesce a perdere un pallone o un duello, mentre Pirlo riacquista smalto e con Seedorf contribuisce ad arrotondare il risultato. L’olandese volante è lesto nel chiudere la più bella trama, ricamata sul prato di San Siro con Kakà e la sponda intelligente di Inzaghi: il destro liftato finisce in buca come spedito da un esperto di bazzica con tanto di stecca. Non solo. Ma Pirlo, il decisivo regista, si lascia ammirare ancora una volta su punizione. Otto giorni prima tutti se la presero con Chimenti e la sua sbavatura: questa volta inseguono una improbabile deviazione di Kakà. E invece il merito è tutto di Pirlo e di quel suo calcio alla brasiliana, con le tre dita, che imprime al pallone una traiettoria galeotta. Si abbassa all’improvviso e il portiere dell’Udinese, Paoletti, esordiente allo sbaraglio, partito per la tangente, resta di sale. 3 a 0 allo scadere del primo gong: sfida già chiusa.
Udinese incenerita. Nonostante la correzione decisa da Cosmi (si presenta col 4-4-2), non riesce a opporre resistenza né prima né durante né alla fine quando con Iaquinta si ricava la minuscola consolazione del gol della staffa (su rigore inesistente). È la conseguenza diretta delle energie migliori spese in coppa Campioni, mercoledì a Brema. Chi non è allenato a dovere, e magari dispone di un gruppo dalle modeste risorse, paga pegno. Specie sul piano nervoso. «È stata una tortura, non una partita», la confessione di Cosmi. Il tiro al bersaglio infatti prosegue. C’è Serginho travestito da Roberto Carlos e poi un siparietto tra Ancelotti e Kakà. Il giovin campione, su pallonetto, manca un gol sul 4 a 0: l’allenatore lo rimprovera pubblicamente e lui va a rimediare su una deviazione del portiere seguita alla stilettata di Serginho. 5 a 0: è la festa del gol. Interrotta dai tre squilli juventini.

L’inseguimento continua.

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