L’Ue ferma i danesi: Schengen è una conquista

L’Unione Europea è contraria a sospensioni parziali del trattato di Schengen come quella decisa mercoledì dalla Danimarca, e il governo italiano è d’accordo. È quanto è emerso dal vertice straordinario dei ministri degli Interni dell’Ue tenutosi ieri a Bruxelles, al quale ha partecipato per l’Italia Roberto Maroni.
La visione comune espressa dai Ventisette è quella che nessun Paese membro possa reintrodurre i controlli alle frontiere, come invece ha annunciato di voler fare Copenaghen adducendo preoccupazioni legate all’ondata migratoria proveniente dal Nord Africa. Il trattato sulla libera circolazione è diventato in questi anni un simbolo della nuova Europa, una concreta dimostrazione del superamento di antiche divisioni che nel corso dei secoli avevano portato a incomprensioni tra i popoli e a disastrosi conflitti. E a Bruxelles si è convenuto che non sia il caso - come ha sottolineato tra gli altri il tedesco Guido Westerwelle il cui Paese è direttamente coinvolto dalla decisione danese - di sacrificare i diritti di libertà degli europei per questioni di politica interna. Il riferimento di Westerwelle è al peso che esercita sul governo di Copenaghen il movimento xenofobo guidato da Pia Kjaersgaard, «pasionaria» anti immigrazione che certamente non brilla per spirito europeista.
Il rischio di cui si è parlato ieri a Bruxelles è quello di una sorta di reazione a catena: se un Paese comincia a limitare Schengen, altri si sentiranno autorizzati a imitarlo, danneggiando sempre più gravemente il principio di libertà che è alla base del trattato. La presidenza di turno ungherese dell’Ue e la commissaria agli affari interni Cecilia Malmstroem, svedese, hanno rimarcato in una conferenza stampa che lo stesso trattato di Schengen contempla la possibilità della propria sospensione, ma che ciò deve accadere solo in occasione di situazioni eccezionali. Per esempio, come era accaduto in passato anche in Italia, quando sono prevedibili gravi conseguenze per l’ordine pubblico in un Paese dove va a svolgersi un evento importante. Diverso è il caso della minaccia rappresentata o temuta da un afflusso incontrollato di immigrazione straniera, che potrebbe assumere carattere di continuità nel tempo e quindi portare a uno snaturamento dello spirito del trattato sulla libera circolazione tra i Paesi aderenti.
Al termine dei lavori, il ministro Maroni ha ricordato che martedì scorso il presidente della Commissione europea Barroso si era espresso «per un rafforzamento di Schengen e non per un suo indebolimento», prevedendo una revisione della governance della libera circolazione e il no alla chiusura delle frontiere se non in casi eccezionali, limitati e ben definiti. Il governo italiano, ha affermato Maroni, «è assolutamente a sostegno della comunicazione della Commissione».
Peraltro, ha osservato Maroni, l’Unione Europea nonostante «buone e condivisibili intenzioni» dimostra su queste questioni «scarsa concretezza». Il problema, per il ministro, sono i tempi: «Ho ricordato che esattamente un mese fa il 12 aprile ci fu un altro consiglio Gai alla fine del quale il documento approvato richiedeva la richiesta Frontex di cominciare subito i pattugliamenti con la Tunisia.

A distanza di un mese, il rappresentante di Frontex è venuto a dire che non è stato fatto ancora nulla. Quindi sono documenti che contengono tanti buoni propositi, ma manca la concretezza»: l’Unione Europea dovrebbe «dare attuazione alle sue decisioni».

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