Emanuela Fontana
da Roma
La nuova legge sullimmigrazione in preparazione al Viminale che abolirà la Bossi-Fini del precedente governo potrebbe prevedere un «fondo per i rimpatri», un budget da assegnare agli extracomunitari clandestini che accettano di tornare volontariamente nel Paese di origine. Lo ha accennato il ministro dellInterno Giuliano Amato nella sua audizione di mercoledì davanti alla commissione Affari costituzionali del Senato, e la novità sta destando grandi preoccupazioni nellopposizione.
La procedura di rimpatrio in vigore prevede infatti che tutte le spese di viaggio siano interamente a carico dellItalia.
Il fondo istituirebbe dunque una vera e propria «buonuscita», avverte il senatore Alfredo Mantovano (An), ex sottosegretario allInterno. Un «incentivo», segnala, dato a chi si mette in viaggio per lItalia con la speranza almeno di ottenere questo fondo, e che presupporrebbe controlli molto severi per evitare che, «una volta presi i soldi, limmigrato rimanga nel nostro Paese e che non torni effettivamente a casa». Ma per scongiurare anche il rischio di un circolo vizioso: «Un clandestino - spiega ancora Mantovano - dopo essere tornato volontariamente nel proprio Paese con la buonuscita potrebbe falsificare un proprio documento e riprovare lingresso in Italia per avere un altro incentivo ad andarsene. Non uso aggettivi per commentare questa proposta - avverte - per rispetto verso la figura del ministro dellInterno».
Amato ha motivato la proposta del «fondo espulsioni» sostenendo che è necessario «scardinare il meccanismo per cui il clandestino di cui non si conosce la provenienza riceve il decreto di espulsione, ma non può essere rimpatriato. E, «per rendere effettive le espulsioni, allora - ha chiarito -, va ricercata il più possibile la collaborazione dell'immigrato».
Su questo punto, qualora dovesse essere inserito nella nuova legge, lopposizione sarà quindi molto dura.
Intanto Andrea Ronchi, di An, ha depositato oggi due interrogazioni al ministero del Welfare e a quello degli Affari Sociali sulla denuncia al Giornale della rappresentante della comunità marocchina di Milano, Dounia Ettaib: «Se non sbaglio - ha lanciato lallarme - lInps eroga fino al secondo assegno per la seconda moglie e siamo in Europa, non siamo in mezzo al deserto».
Nelle interrogazioni, Ronchi chiede se «corrisponda al vero» questa denuncia, perché in questo caso si tratterebbe di una «gravissima irregolarità» e di una «legalizzazione della poligamia», perché ci si troverebbe di fronte a «un grave vulnus al sistema civile italiano, al matrimonio, al concetto di famiglia su cui è impostato il nostro Stato». Un caso che, se confermato, imporrebbe una discussione «culturale prima che politica».
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