L’ultima minaccia dei pm anti Cav: mandare i carabinieri a prenderlo

RomaBerlusconi ha un giorno a scelta tra giovedì mattina e domenica sera per presentarsi dai pm di Napoli, altrimenti potrebbe ritrovarsi i carabinieri sotto Palazzo Chigi ad attenderlo per l’accompagnamento coatto. Uno scenario ipotetico che però è filtrato come possibile dalla stessa procura di Napoli, che ieri ha ascoltato come testimone anche l’avvocato-deputato Niccolò Ghedini.
È stata la digos, ieri mattina, a consegnare ad Arcore, ai cancelli di Villa San Martino, il nuovo avviso di comparizione per il premier. I pm napoletani vogliono che Berlusconi riferisca «quale persona informata sui fatti» sulla presunta estorsione, fissando una data tra il 15 e il 18 settembre, dalle 8 alle 20. Il memoriale consegnato ieri a Napoli da uno dei legali del premier, Michele Cerabona, dunque non basta. E, come detto, in caso di rifiuto o di mancata risposta del Cavaliere, Woodcock e soci hanno già fatto sapere di essere pronti a spedire i carabinieri dal premier, per l’accompagnamento coatto. Una scelta che ha tutta l’aria di un annuncio informale ma «muscolare» da parte delle toghe partenopee, che tra l’altro per forzare così tanto la mano, dovrebbero passare comunque per l’autorizzazione della Camera, visto che il premier è deputato.
Dopo l’impegno di Bruxelles che ha fatto saltare il faccia a faccia, previsto inizialmente per ieri, i magistrati di Napoli che ipotizzano un’estorsione ai danni di Berlusconi, ordita dai coniugi Tarantini e dall’editore dell’Avanti! Valter Lavitola, tornano alla carica con un piglio vagamente minaccioso, affidando poi alle dichiarazioni del procuratore capo partenopeo, Giovandomenico Lepore, il compito di inquadrare l’operazione-interrogatorio in un quadro appena più diplomatico. Lepore, parlando a Radio24, ha infatti sostenuto di «non credere» che Berlusconi stia «fuggendo dai magistrati», ma ha comunque ribadito che l’interrogatorio del presidente del Consiglio da parte di Woodcock, Curcio e Piscitelli è imprescindibile nonostante la presentazione della memoria «unilaterale» (che Lepore precisa in trasmissione essere «difensiva», pur essendo Berlusconi parte lesa), «non per senso di persecuzione nei confronti di qualcuno», ma perché «le controdeduzioni con domande da parte dei magistrati sono necessarie per fare chiarezza». Questo perché, continua Lepore, «noi abbiamo elementi per pensare che ci sia un’estorsione, e la vittima, il premier, nega l’estorsione, quindi dobbiamo sapere i particolari». Due giorni fa, lo stesso magistrato era andato oltre, collegando il «destino» dei coniugi Tarantini (Giampi in carcere, la moglie ai domiciliari) proprio alla «deposizione del premier».
Il capo degli uffici giudiziari partenopei, prossimo alla pensione, ieri è tornato, senza smentirlo tout court, sul sospetto (sollevato dal Giornale) che dietro all’audizione del premier possa celarsi una trappola. «Berlusconi è parte lesa, non indagato», ha esordito Lepore, salvo aggiungere subito: «Naturalmente se desse una versione che contrasta con alcuni elementi obiettivi che abbiamo a disposizione, allora bisogna che una delle due posizioni prevalga sull’altra».
Dubbi, dunque, non esattamente dissipati. E di certo non aiuta a rasserenare il clima il «dettaglio» che gli inquirenti abbiano deciso di sentire la «parte lesa» Berlusconi non per primo, come consuetudine, ma per ultimo. E quindi solo dopo aver raccolto a verbale le dichiarazioni degli indagati, i coniugi Tarantini, e dei testimoni: tra gli altri la segretaria del premier Marinella Brambilla e gli avvocati Perroni, Quaranta, D’Ascola. Ultimo della lista l’avvocato-deputato Niccolò Ghedini, legale del premier, interrogato ieri negli uffici romani della Direzionale nazionale antimafia, in via Giulia. A pensar male, potrebbe appunto sembrare un escamotage per far cadere più facilmente il presidente del Consiglio in contraddizione rispetto a qualche elemento della mole di dichiarazioni già agli atti sulla presunta estorsione subita, e che Berlusconi ha sempre negato. E così il premier, dopo aver cominciato l’audizione come persona informata sui fatti, dunque senza la presenza dell’avvocato e con l’obbligo di dire la verità, si ritroverebbe indagato «al volo» per falsa testimonianza. E che «c’è questa possibilità», alla fin fine, lo ammette anche Lepore, in coda alla «smentita» del trappolone.


Saltato il primo rendez-vous i pm non mollano dunque la presa, ma anzi stringono i tempi e concedono al premier, per presentarsi al faccia a faccia e dire la sua, solo la scelta in un ventaglio di date: 15-18, come la Grande Guerra.

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