nostro inviato a Bruxelles
«Immagino abbiate già capito che mi dovrete sopportare altri due anni e mezzo. Il nostro governo, vedrete, arriverà fino alla fine della legislatura». Nel suo rientro sulla scena internazionale dopo la doppia fiducia di Senato e Camera, Silvio Berlusconi si gode non poco complimenti e pacche sulle spalle dei leader del Ppe riuniti nel castello di Meise per il tradizionale pranzo che precede ogni Consiglio europeo. Daltra parte, solo due settimane fa e soprattutto dalla stampa estera il Cavaliere era dato già per morto mentre ieri sè presentato a Bruxelles da vincitore. Lesempio più calzante è la battuta che butta lì il ministro dellAgricoltura (o delle «galline» come si autodefinisce il diretto interessato) Giancarlo Galan durante un brindisi a Roma con i vertici del Pdl: «Prima della fiducia alla cena di fine anno del ministero non aveva aderito neanche un direttore generale, ieri sono riapparsi tutti...».
Così, ci sta che il premier incassi le congratulazioni della tedesca Angela Merkel e i complimenti del presidente del Ppe Wilfried Martens e del presidente della Commissione Ue Jose Manuel Barroso che lo aveva chiamato dopo il voto di martedì. Persino con il capo dellEurogruppo Jean Claude Juncker - che con Berlusconi ha avuto rapporti a volte difficili - lo scambio di battute è di grande cordialità. Il Cavaliere, insomma, torna in Europa decisamente più «solido» e con alle spalle un Paese che - seppure con tutte le incertezze che ancora restano sullo scenario politico - può far tirare un sospiro di sollievo ai partner europei che certo non potevano vedere di buon occhio una crisi in Italia proprio nei giorni in cui il Consiglio europeo è chiamato a discutere del fondo salva-Stati e della messa in sicurezza delleuro.
E il pranzo con i vertici del Ppe - assente, come per altro le ultime volte, Pier Ferdinando Casini - non può non essere loccasione per riflessioni tutte in chiave italiana. Già, perché sia i parlamentari dellUdc che del Fli pur essendo allopposizione a Roma militano nello stesso gruppo parlamentare a Strasburgo. Dove siamo gli unici - ragiona il Cavaliere a Meise - che ci facciamo la guerra tra noi. Non solo se la fanno gli eurodeputati italiani di schieramenti diversi - cosa, fa notare, che non avviene in nessun altro Paese, visto che nessuno si sognerebbe di fare attacchi in chiave antinazionale - ma pure tra europarlamentari che stanno allinterno del Ppe. È, dice il premier ai suoi interlocutori, qualcosa di incredibile. Come è incredibile - aggiunge - che ci sia chi, soprattutto in Italia, stia rinnegando i proprio valori. Il riferimento, ovviamente, è a Casini. Che durante il pranzo al castello Berlusconi si guarda bene dal citare esplicitamente. Anche se nelle ultime ore in alcune conversazioni private è stato piuttosto chiaro: «Quella del terzo polo è unoperazione di marketing fatta neanche troppo bene visto che Casini, Fini e Rutelli sono linsieme di un cumulo di contraddizioni». Insomma, secondo il premier «è arrivato il momento che Casini si assuma le sue responsabilità». Rispetto al Paese, ma anche rispetto agli altri leader del Ppe e allEuropa. Perché - è il senso del suo ragionamento - se vogliamo dare stabilità allItalia la maggioranza è disponibile ad un allargamento allUdc con tanto di rimpasto e aggiornamento del programma di governo. E se il leader centrista vuole continuare a stare in trincea dovrà spiegare pubblicamente perché ha deciso di portare il Paese alle elezioni anticipate in un momento tanto delicato.
Tutte questioni che Berlusconi preferisce però non toccare in pubblico. Tanto che con i giornalisti, a Meise prima e a Justus Lipsius poi si limita a una battuta sulle critiche arrivate da Confindustria: «Si, ho sentito... bene». Per resto silenzio assoluto. E una breve apparizione poco prima di mezzanotte allAssemblea annuale dei Giovani del Ppe. «Casini e Fini - dice ai giovani - hanno capito che con Berlusconi in sella non potranno fare i presidenti del Consiglio. Siamo arrivati a questo solo per colpa delle ambizioni personali.
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