L’ultimo blitz: Fini-Bersani in tv da Saviano

L’opposizione in prima serata. Gianfranco Fini e Pier Luigi Bersani spalla a spalla con Roberto Saviano e Fabio Fazio nel partito unico del telecomando anti Cavaliere. Il megafono di Vieni via con me diventa la location di un formidabile spot ai leader che stanno smantellando il governo Berlusconi e la sua maggioranza. Lunedì, dunque, la giornata politica, delicatissima, non rimarrà nel recinto del Parlamento ma entrerà nelle case di milioni di italiani, subito dopo cena. Il giorno più lungo comincerà, salvo colpi di scena, con il ritiro della delegazione di Futuro e Libertà dal governo, proseguirà tra fibrillazioni varie con la raccolta di firme voluta da Bersani per sfiduciare il governo, riprenderà a tutto volume sugli schermi di Raitre con l’accoppiata ultrasinergica Fini-Bersani. Alla Rai tutto, ma proprio tutto, è possibile. Senza contraddittorio, senza lo straccio di un’obiezione, senza le domande critiche dei commentatori.
Nulla di nulla. Perché tanto il meccanismo è sempre lo stesso: se Augusto Minzolini, che pero è direttore del Tg1, firma un editoriale di due minuti alla sua maniera, viene bollato come un servo appiattito sul Cavaliere e il suo Tg viene qualificato come un distributore automatico di disinformazione. Se lo fanno Fazio e Saviano, su Raitre e per due ore, allora vuol dire che siamo sulle vette immacolate del grande giornalismo, quello british come certi capi sartoriali che tutti ammirano come opere d’arte.
Il Paese gira così e il tentativo del direttore generale Mauro Masi di fermare la strana coppia sulla porta d’ingresso degli studi tv viene respinta al mittente un po’ da tutti: dallo stesso Bersani come dal direttore di Raitre Paolo Ruffini, fino ai consiglieri Rai dell’opposizione. Si litiga sui precedenti e sull’interpretazione da dare alla solita circolare, datata 2003, che sulla carta limita fortemente la presenza dei politici nei programmi di intrattenimento. Masi, spalleggiato dal vicedirettore generale Antonio Marano, vorrebbe lo stop, Fazio e Saviano fanno spallucce. Del resto lunedì scorso, oltre a Benigni s’era visto anche Nichi Vendola, nelle vesti di difensore del mondo gay. Ma Vendola è anche uno dei leader della sinistra, uno degli avversari più agguerriti del Cavaliere, il capo di un partito che aspira a percentuali di tutto rispetto; non importa, lunedì l’icona di Vendola è stata lucidata come quelle ortodosse venerate da milioni di fedeli.
Ora si replica: Fini parlerà dei valori della destra, Bersani di quelli della sinistra. Ecco, si bilanceranno a vicenda all’insegna del miglior pluralismo del servizio pubblico. Quello che tiene il dito puntato contro il regime berlusconiano e un giorno sì e l’altro pure si lamenta perché la Rai sarebbe sotto il tallone del Cavaliere. Nessuno valuta l’impatto che il comizio a due teste avrà sui fragilissimi equilibri del palazzo. Aspettare un giorno meno drammatico per la politica italiana? Neanche per sogno. Il direttore generale manda una nota di servizio per bloccare i due leader. Puntualizza Masi: nelle schede di servizio i nomi dei due non c’erano. Non basta. Il direttore rimanda alla famosa circolare del 2003. Ma quella nota - una raccomandazione nell’ineffabile linguaggio Rai - fissa divieti a fisarmonica: divieti che si allungano e si accorciano a seconda di chi li interpreta.
In teoria, la norma sarebbe fin troppo chiara. Politici col contagocce e col contraddittorio, come spiega il capogruppo Pdl in commissione di vigilanza Alessio Butti: «Va normalmente evitata la presenza dei politici. Quando sono presenti, nell’eccezionalità, devono essere rispettati il contraddittorio, la completezza dell’informazione, l’imparzialità e la pluralità dei punti di vista». Qui di tutte queste altisonanti considerazioni non c’è traccia e l’unico nome ulteriore che trapela dalla redazione di Vieni via con me è quello della rockstar Ligabue che sarà pure in studio. Ma la lettura di Butti viene subito sconfessata dal numero uno di Raitre Paolo Ruffini: «Esiste solo una raccomandazione della commissione di vigilanza del 2003 a limitare la partecipazione dei politici nei programmi di intrattenimento, genere nel quale peraltro la trasmissione di Fazio e Saviano non rientra». Dunque, via libera al presidente della Camera e al segretario del Pd. Anche se la querelle continua e Masi controreplica: «Allora s’invitino anche Berlusconi, Bossi, Casini e Di Pietro».
Appunto. Fosse stato chiamato il Cavaliere cosa sarebbe successo? Non saremmo forse a tuonare contro il monopolio, anzi la dittatura mediatica, del premier? E la solita legione di politologi ed esperti a vario titolo del Cav sfornerebbe pareri a rullo sui rischi che la democrazia corre nell’era dell’uomo nero di Arcore. Invece, questa volta nessun pericolo è in vista. Calma piatta. Fini, attraverso l’agenzia Asca, conferma: «Io ci sarò». Bersani, invece, alza la voce: «Ho ricevuto un invito dagli autori e dai conduttori della trasmissione, mi rimetto a loro, non sarà certo Masi che mi dice dove devo andare».

E la sinistra del palinsesto, quella che dei Vita e dei Giulietti, ripunta il solito indice contro il direttore e sfodera il solito linguaggio evergreen: «Il tentativo di censurare e imbavagliare Raitre e impedire perfino al presidente della Camera e al leader del Pd di partecipare alla trasmissione è la dimostrazione di una situazione non più tollerabile». Figurarsi. Meglio aspettare lunedì. Il telecomando è già schierato. Resta un solo dubbio, espresso da Francesco Storace: «Fra Fini e Bersani non ho capito chi parlerà dei valori della destra».

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