«Più energia eolica ma anche più Co2 in atmosfera»: potrebbe essere nel programma elettorale di Veltroni, e non dubito che lo sarà, ma per il momento quello detto è il titolo della terza pagina di Le Monde del 14 febbraio. Che rivela lo studio di una delle tante associazioni ambientaliste che assillano l'umanità - la Federazione francese dell'ambiente sostenibile - la quale si è accorta che a dispetto dei 18 Gw (gigawatt) eolici (18mila turbine alte 100 metri) installati in Germania e dei 10 Gw eolici installati in Spagna, negli ultimi 5 anni le emissioni tedesche di Co2 sono aumentate dell'1,2% e quelle spagnole del 10,4%: «L'eolico è un colossale inganno economico ed ambientale», conclude lo studio francese.
Per fortuna che almeno Oltralpe non ci sono personaggi con la faccia tosta dei nostri Veltroni, Prodi o Bersani: il direttore del Centro delle energie rinnovabili, tale Raphaël Claustre, ha ammesso: «Una cosa è certa, se non si riducono i consumi d'energia l'eolico non serve a niente». Bella forza, se la si smette di pretendere di avere energia anche l'aria fritta è buona. E un recente rapporto della E.On tedesca - la principale installatrice di parchi eolici in Germania - lo afferma chiaro e tondo: «Dovremmo avere almeno 24mila turbine eoliche per sperare di chiudere un impianto convenzionale».
Ci voleva molto a capirlo? No, se solo si capiscono due cose sull'uso che fa l'umanità dell'energia. La prima è che la parola-chiave in questo uso è la parola «potenza» e non la parola «energia»: se le erogate 1 kWh di energia con la potenza di 100 W, una lampadina da 100 W sta accesa per 10 ore; se le erogate 1.000 kWh alla potenza di 1 W avrete consumato mille volte più energia ma la lampadina sarà rimasta spenta. Quando il vento non soffia le pale non girano, e non si aggiunge alcuna potenza al sistema elettrico, esattamente come non si aggiunge alcuna luminosità ad un locale dotato di lampadine potentissime ma spente. La seconda cosa da capire è che l'energia elettrica è un bene particolarissimo: se ne deve produrre tanta quant'è la domanda, e quando richiesta deve essere prodotta, sennò il sistema va in blackout. Quando il vento non soffia e la popolazione richiede energia, questa deve essere erogata dagli impianti convenzionali.
E succede che il vento non soffi? Caspita, se succede: nell'anno 2004 il massimo della potenza dei venti in Germania occorse alle 9.15 del 25 dicembre, quando si registrò una potenza di 6 Gw; dopo appena 10 ore si ridusse a 2 Gw, sin quasi ad annullarsi a mezzogiorno del giorno dopo. La differenza fu compensata dagli impianti convenzionali (oltre il 50% dell'elettricità tedesca è prodotta dal carbone e oltre il 30% dal nucleare). Peggio ancora: il vento non ci fa la cortesia di informarci quando decide di soffiare secondo i nostri desideri. Un dispetto, questo, che può costare molto caro se i venti non sono monitorati con quella cura che - recita la leggenda metropolitana - solo i tedeschi avrebbero. Infatti, il 4 novembre 2006 mezza Europa fu colpita da un blackout causato dalla incapacità dei tedeschi a star dietro ai capricci dei loro venti: in Italia se ne sentirono gli effetti fino in Puglia.
Cosa fa, allora, il vento quando soffia e le pale girano? Fa risparmiare combustibile convenzionale e nulla più. Quanto? L'aritmetica è facile: per produrre 1 Gw-anno di energia elettrica l'anno sono necessarie 6.000 turbine che costano più di 6 miliardi e durano 20 anni, alla fine dei quali saranno stati prodotti 20 Gw-anno di elettricità. Per produrre i quali, però, basterebbe meno di 1 miliardo di euro in combustibile nucleare: non mi sembra che sia necessaria la consulenza del nostro Renato Brunetta per comprendere che spendere più di 6 miliardi subito per risparmiare meno di 1 miliardo in 20 anni non sia il massimo della furbizia.
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