L’ultimo film di Olmi? C’è di buono che è l’ultimo

«L’unica cosa che c’è di buono è che sarà l’ultimo film di Olmi». Il giudizio è di Dario Edoardo Viganò, presidente dell’Ente dello spettacolo e preside della «Redemptor Hominis» alla Lateranense di Roma. Centochiodi non è piaciuto alla cultura cattolica. La notizia non è pubblica. È un passaparola sotterraneo. Solo ieri qualcosa è emerso.
Viganò, nel corso di un’intervista su «Gesù e cinema» a RaiUtile è stato esplicito. «Il Gesù raccontato da Olmi è talmente didascalico da essere banale». In contemporanea, su Avvenire, il direttore Dino Boffo, ha risposto ad un lettore scontento del film di Olmi. «In tal senso facciamo totalmente nostre le sue considerazioni girandole, come domande sostanziali, al grande regista», scrive Boffo. Strana ma bella: una polemica fuori tempo massimo. Il film è uscito già da alcune settimane. Le platee cinematografiche sembrano aver gradito. I critici hanno applaudito, come si conviene, al grande maestro, ecc. Tutto bene, quindi. Tranne il mugugno dei cattolici che è cresciuto fino ad esplodere pubblicamente. Proprio in questi giorni il popolo della Chiesa esce vincente dalla prova del Family day. Contro le prediche del laicismo che ormai non sanno più come gestire, politicamente, il quotidiano eroismo delle famiglie italiane, centinaia di migliaia di persone normali sabato scorso a Roma hanno danzato, cantato e gioito, alla faccia della politica e degli intellettuali. Non è un caso, forse, che proprio in questi giorni venga abbattuta anche la statua di Olmi. Il grande «maestro» però se l’era cercata. Nella locandina del suo ultimo film campeggia uno slogan che sembra dettato dalla Bonino: «Le religioni non hanno mai salvato il mondo». Scrive il lettore di Avvenire: «Cosa vuol dire che “le religioni non hanno mai salvato il mondo, esse possono servire solo a salvare se stesse”? Nel furore del suo j’accuse contro la modernità, possibile che Olmi non capisca che anche all’inferno Dio è capace di liberare l’uomo? Dio sa scendere nella spazzatura! Lo fa sempre, lo ha sempre fatto».
Raz Degan, il protagonista del film con un bel visetto accuratamente pseudo-cristologico, recita la battuta più dura del copione scritto da Olmi, quasi una bestemmia: «Dio dovrà rispondere di tutta la sofferenza che c’è nel mondo!». Appassionata la replica del lettore di Avvenire: «Dio avrebbe la colpa di aver voluto un mondo reale? E come avrebbe potuto senza lasciare il dramma della libertà ? È dalla libertà che viene il male. Ma Olmi se l’è dimenticato?». Sembra già di sentire una eco andreottiana: ma in un momento così, non era meglio lavare i panni sporchi in famiglia? «È polifonica la storia del rapporto fra cattolici e cinema in Italia - scrive Viganò nel suo libro Attraverso lo schermo -.

Ma l’impressione finale non è quella di una frammentazione o di una dispersione, quanto piuttosto quella di un progetto unitario perseguito con mezzi differenti: la volontà di contribuire, attraverso lo schermo, a una maturazione morale e civile della società italiana e della sua cultura». Anche con Olmi.

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