Cronache

L’ultimo sgarbo del Professore a Genova

(...) E credo che se tutti quelli che sono intervenuti e che continuano a intervenire fossero presi in blocco e candidati per qualche istituzione locale, senza soluzione di continuità fra maggioranza e opposizione, probabilmente le istituzioni locali funzionerebbero meglio. Del resto, è quasi un marchio di fabbrica: chi fa parte della famiglia del Giornale, anche su sponde politicamente opposte, è parte della Genova e della Liguria migliore. Basta guardare anche ai politici: si può scommettere che chi ce l’ha sotto il braccio è un buon amministratore e che chi vi invita a leggerlo si può votare senza turarsi il naso, anzi. E, credetemi, vale anche il contrario, senza soluzione di continuità fra centrodestra e centrosinistra.
Insomma, sia chi ha scritto che vuole scappare da Genova e dalla Liguria, sia chi ha scritto che ci resta con gioia, lo dice per amore della nostra città e della nostra regione. E questo è il vero valore aggiunto di questo dibattito.
Personalmente, mi sono subito dichiarato. Io sono per rimanere e per rimanere combattendo. Per sconfiggere chi fa opposizione solo dicendo che va tutto male, ma soprattutto chi governa come peggio non si potrebbe, come dimostrano tutte le ultime vicende, compresi i siluri al porto (la mancata difesa di Giovanni Novi da parte di Claudio Burlando, vittima anni fa della malagiustizia, non gli fa davvero onore) e la vergognosa gestione della questione della «terna» proprio nel momento in cui il porto raggiungeva risultati di traffico che mancavano da anni. Fino all’ultimo sfregio, quello di ieri, la conferma della nomina di Merlo da parte di un governo che aveva a disposizione mesi per farlo, ma ha atteso di essere delegittimato dal Parlamento per tentare di occupare anche l’ultima casella disponibile. Tentativo che, c’è da sperare, non vada mai in porto. In tutti i sensi della parola.
Io sono per rimanere perchè, arrendendosi, la si dà vinta alla Genova peggiore. A quella che vive di rendite di posizione, di piccoli interessi, di mediazioni al ribasso, di voto sempre uguale a se stesso, al di là delle persone. A quella che si oppone a tutto, a quella dove bastano tre persone che dicono «no», perchè sia no. A quella che impedisce le infrastrutture e anche a un termovalorizzatore in porto che ci libererebbe dal rischio Napoli. A quella che ha la peggior classe dirigente di sempre. Ancora peggiore perchè si trova davanti a un’opposizione che ha saputo rialzare la testa, sfornando un leader nazionale come Claudio Scajola e tre candidati del calibro di Sandro Biasotti, Enrico Musso e Renata Oliveri alle tre ultime elezioni dirette.
Io sono per rimanere perchè, nonostante quel che si pensa e nonostante quello che dicono tante Cassandre, in questa città vedo un futuro per i giovani. Ma, ovviamente, solo se i figli sapranno essere meglio dei loro padri e dei loro nonni. Se sapranno ribellarsi all’ineluttabilità del declino. Se sapranno ribellarsi al voto per eredità. Se sapranno capire chi può valorizzare le loro capacità.
Perchè, credetemi, è vero che trovare lavoro è difficile, che ce n’è poco, che siamo avvitati su noi stessi. Ma è anche vero che, in questa città, ci sono dei valori assoluti che chiedono solo di essere tirati fuori: penso al gruppo di persone, giovani tutte almeno nello spirito e giovani anche anagraficamente in tanti casi, che si è coagulato attorno a queste pagine, una squadra di collaboratori di cui sono orgoglioso, per quantità di notizie e per qualità della scrittura; penso a giovani fisici, anch’essi nostri collaboratori, come Andrea Macco e Silvia De Stefano; penso a due avvocatesse dello studio Conte e Giacomini come Emanuela Boglione e Giorgia Scuras che, in Europa, sono riuscite a mettere in difficoltà un colosso come l’ufficio legale della Rai nella causa di Primocanale. Sono solo pochi esempi, ma potrei fare decine e decine di nomi, in tantissimi settori, diverissimi fra loro, ma tutti accomunati dall’età anagrafica.
E poi tanti altri, alcuni anche novantenni, ma giovani nella testa. Giovani nella voglia di rivoluzione. Magari una splendida rivoluzione borghese. Nel senso più bello e non classista che la parola sa avere.
Genova è viva, vivissima.

Basta che non creda a chi le dice in continuazione che è morta.

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