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L’ultimo sovrano di Francia vive in India

Si chiama Balthazar Napoleone di Borbone e fa l’avvocato. I suoi avi arrivarono a Bhopal nel XVI secolo. Sogna Parigi ma non parla francese

Un re di Francia che non parla francese, che (orrore!) vive e si comporta come un borghesuccio qualunque e i cui tratti somatici non hanno nulla di gallico: non ha i capelli biondi, né gli occhi azzurri, ma è scuro, come un indiano. Di nobile ha solo il nome: Balthazar Napoleone di Borbone. Vive a Bhopal, ha un glorioso passato, un presente anonimo e, forse, un grande futuro: sarebbe lui il legittimo pretendente al trono. Parola del principe Michele di Grecia - cugino di Filippo d’Edimburgo, il marito della regina Elisabetta d’Inghilterra - che in un libro appena pubblicato a Parigi, Le Rajah de Bourbon, ripercorre le vicissitudini del ramo asiatico della famiglia reale, in gran parte ignorate dagli stessi storici.
A metà del XVI secolo, Giovanni, giovane e irrequieto nipote di Enrico IV, primo re borbone di Francia, si imbarcò alla scoperta di mondi lontani. Cercava emozioni e le trovò: più volte assalito dai briganti, sfuggì a un paio di tentativi di assassinio, poi fu fatto prigioniero dai pirati, che lo vendettero a un mercato degli schiavi in Egitto. Giovanni si ritrovò arruolato nell’esercito etiope e poi nel 1560, nell’India centrale alla corte dell’impero Mogul di Akbar il Grande. Da Bhopal non si mosse più; né, d’altronde, i suoi discendenti, che divennero indiani al 100%. Dal loro celebre avo ereditarono solo quel buffo cognome europeo e un vezzo: una targa d’ottone sulla porta d’ingresso con la scritta «Casa dei Borboni».
Balthazar oggi è un gioviale signore di 48 anni che di professione fa l’avvocato e, nel tempo libero, l’agricoltore. Alle pareti di casa ha appeso diverse riproduzioni della Tour Eiffel e di quella che un tempo era la residenza di famiglia, la reggia di Versailles.
«Se sono nel giusto, ma non ho prove assolute pur essendo convinto della mia teoria, quest’uomo è il più anziano in linea di successione», ha dichiarato Michele di Grecia al quotidiano britannico Guardian. «È la ciliegina sulla torta - ha aggiunto - Il signor Borbone è il capo di una famiglia della classe media locale, onorata e rispettabile. Sembrano così indiani, eppure portano questo nome. A guardarli, sembra inverosimile. Ma più è incredibile e più mi convinco». Ci vorrebbe il test del Dna per dare veridicità scientifica a un’ipotesi curiosa e affascinante.
Balthazar non si nega: se necessario è pronto a sottoporsi all’esame genetico, ma certo non smania di essere riconosciuto come il legittimo erede al trono. Un po’ per scaramanzia; i trascorsi, non sono incoraggianti: Luigi XVI fu ghigliottinato nel 1793 e la stessa sorte fu riservata, pochi mesi dopo, a sua moglie Maria Antonietta, mentre nel 1795 il figlio, Luigi XVII, morì in prigione a soli dieci anni di età. Un po’ per amore della tranquillità: lo status regale stravolgerebbe la vita di questa tranquilla e felice famiglia di un’India avviata sulla via dello sviluppo.
I Borboni d’Asia non sono ricchi, ma non hanno mai scordato le proprie origini. «Sin da bambino, i miei genitori mi hanno reso consapevole dell’appartenenza a una famiglia con un passato così importante nella storia d’Europa». Lo stesso ha fatto lui con i suoi tre figli, a cui ha dato nomi francesi. «Di tanto in tanto veniamo contattati da turisti europei incuriositi dal nostro nome - ammette Balthazar -, ma a parte un po’ di effimera notorietà, la nostra discendenza non ci ha portato alcun beneficio concreto».
«Non ho potuto imparare il francese perché mio padre morì quando ero ragazzino e dovetti lavorare per mantenere mia madre e i miei fratelli - si commuove -. La vita è stata molto dura con me». Non ha mai viaggiato in Europa; sua sorella invece sì, riuscendo a visitare un castello posseduto, un tempo, dai re Borboni. Era un lunedì e il maniero era chiuso al pubblico, ma il guardiano lo aprì apposta per lei, impressionato da quel nome stampato sul passaporto. Anche se indiani, i Borboni in Francia contano ancora.
marcello.

foa@ilgiornale.it

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