L’università affonda, la Gelmini accelera la riforma

DISASTRO La Sapienza, seconda delle italiana, si piazza 205a. Persino la Corea meglio di noi

RomaLa riforma dell’Università non può più attendere. Gli Atenei italiani precipitano sempre più a fondo in tutte le classifiche internazionali. Ultima bocciatura, soltanto in ordine di tempo perchè purtroppo ne arriveranno altre, è quella del Times Higher Education. Bisogna scavare giù fino al numero 174 per incontrare un nome italiano: l’Alma Mater di Bologna. E poi di nuovo tuffarsi in basso fino al numero 205 dove si trova la Sapienza.
Al numero uno nell’empireo degli atenei ancora Harvard, l’Università frequentata dagli ultimi due presidenti degli Usa, George W. Bush e Barack Obama. Poi l’inglese Cambridge e di nuovo gli Usa con Yale. Ma l’America, ed è questa la novità, non domina la classifica ed in qualche modo retrocede perchè mentre lo scorso anno le statunitensi erano 42 ora scendono a 36. L’Europa invece tiene anche grazie all’Inghilterra che oltre a Cambridge vanta nei posti alti della classifica pure Oxford e l’Imperial College of London. Intanto si affacciano prepotentemente nuove realtà. Tokyo al numero 22 e al 24 Hong Kong. Ma c’è pure la Francia, al numero 28 con l’Ecole normale Superieure di Parigi e Singapore al numero 30. Pure la Corea fa meglio dell’Italia con Seul nella posizione numero 47. Dall’Asia emergono nuovi centri d’eccellenza, è dunque sempre più evidente che se non si inverte la tendenza gli atenei italiani sono destinati a precipitare sempre più in basso.
Come intervenire? Il ministro della Pubblica istruzione e dell’università (Miur), Mariastella Gelmini, ha le idee chiarissime su quali siano i guasti da sanare e i rimedi da prendere.
«La classifica del Times conferma clamorosamente quello che abbiamo sempre sostenuto cioè che il sistema universitario va riformato con urgenza», attacca il ministro che annuncia l’arrivo di nuove regole. «Presenteremo a novembre la riforma dell’Università - prosegue la Gelmini -. Con l’obiettivo di promuovere la qualità, premiare il merito, abolire gli sprechi e le rendite di posizione». Il governo poi respinge l’equazione pochi fondi uguale poca qualità: «Il problema non è quanto si spende, siamo in linea con la media europea, ma come vengono spese le risorse destinate all’Università, spesso per aprire sedi distaccate non necessarie e corsi di laurea inutili - denuncia -. Tutto questo deve finire. Mi auguro di non dover più vedere in futuro la prima unversità italiana al 174° posto».
Affermazioni che il ministro rafforza con un elenco di cifre. Gli atenei italiani sono 95 e le sedi distaccate 320. Ci sono ben 37 corsi di laurea frequentati da un solo studente e 327 facoltà che non superano i 15 iscritti. Nel 2001 i corsi di laurea erano 2.444 ed oggi sono saliti a 5.500. Le materie insegnate sono in tutto 170.000 mentre la media europea è di 90.000. Dunque, rincara il ministro, è evidente come le risorse vengano impiegate «per aumentare il numero dei corsi, delle materie e delle sedi distaccate senza puntare su una moderna didattica e senza tenere conto delle reali esigenze del mondo del lavoro».
La ricetta per curare l’Università è pronta e dovrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri tra poche settimane, come annunciato dalla Gelmini. Il governo intende prima di tutto dimezzare i settori disciplinari, oggi circa 370. Verrà poi imposto un tetto al mandato dei rettori che potranno restare un massimo di otto anni. L’idea più rivoluzionaria è quella di concedere aumenti di stipendio soltanto a chi se li merita. L’operato dei docenti sarà sottoposto ad una valutazione biennale anche sulla loro attività di ricerca. Niente ricerca, niente aumenti di stipendio.


Ma come ha fatto l’Alma Mater a passare dal 192° posto dello scorso anno ad un dignitosissimo 174°, visto le performance degli altri atenei italiani? Il rettore, Pier Ugo Calzolari, spiega che negli ultimi anni si è puntato soprattutto su giovani e ricerca e che al balzo in alto hanno sicuramente contribuito l’incremento della quota di studenti e accademici stranieri ed il decisivo miglioramento nell’area delle scienze naturali: matematica, fisica e chimica.

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