L’uomo che sfida il copia-incolla e spiega al mondo chi è il Cav

C’è un signore un po’ in là con gli anni che si è preso la briga di scrivere un libro in inglese per difendere il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Un pamphlet di 130 pagine, destinato per volontà dell’autore «esclusivamente» ai non-italians per dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità sul Cavaliere, «il premier italiano più diffamato di sempre». Su Amazon.com, tra i vari Citizen Berlusconi, Impunity, The Sack of Rome e il dvd Videocracy, c’è anche il suo The truth about Italy’s most maligned premier Berlusconi.
Cosa spinga un ex imprenditore con il pallino del giornalismo a prendere carta e penna e difendere il Cavaliere l’ha spiegato al Giornale l’autore del libro, al secolo il bergamasco Giglio Reduzzi, 75 anni tra un mese, alla vigilia del suo consueto viaggio estivo in Canada. «Lassù nessuno si interessava della politica italiana - dice sconfortato al telefono - fin quando l’anno scorso i miei amici canadesi hanno iniziato a chiedermi “ma è vero che Berlusconi è un womanizer (donnaiolo, ndr), che è mafioso, che controlla la stampa?”». Allora ho capito che serviva un’operazione verità. Ho chiamato una casa editrice cristiana, la St. Paul press, e in poche settimane ho scritto il libro».
Il volume racconta la discesa in campo del premier, l’Italia della prima Repubblica, l’avalanche giudiziaria innescata dal pool di Mani pulite e da Tonino Di Pietro contro i vecchi partiti («But one, the powerful Pci», scrive Reduzzi, «tranne il potente Pci») e poi motiva l’odio nei confronti del Cavaliere degli ex comunisti con una metafora: «Mettetevi nei loro panni: dopo 50 anni di attesa sono pronti finalmente a conquistare il potere e improvvisamente arriva questo alien e glielo porta via. È naturale che si comportino come un cane a cui un altro cane ha sottratto l’osso, e aggiungete l’odio di classe con il quale sono stati indottrinati da scaricare contro la personificazione del capitalismo».
Poi c’è l’aspetto giudiziario, che l’autore disegna così: «C’è un sistema dove vige la dont’-give-a-damm attitude», espressione presa pari pari dal «francamente me ne infischio» pronunciata da Clark Gable/Rhett Butler in Via col vento, in cui i magistrati che sbagliano («vedi il caso Andreotti») non pagano mai, soprattutto «perché, non essendo eletti come negli Usa, non vengono mai sottoposti al giudizio del popolo per le loro azioni» in un sistema che il centrodestra ha intenzione di scardinare attraverso la separazione delle carriere e la riforma complessiva della giustizia.
Ma ad avvelenare i pozzi, spiega Reduzzi, sono principalmente i corrispondenti da Roma dei principali giornali statunitensi. «Ho scritto più volte al Time per segnalare che i loro reporter Jeff Israely e prima ancora Greg Burke si limitavano a riportare quello che leggevano su Corriere della Sera e Repubblica», giornali notoriamente distanti anni luce dal centrodestra.
Per cui il punto, secondo il libro, è che «se gli americani non conoscono i perché della guerra che il Pdl sta conducendo al sistema giudiziario e non si aprono gli occhi sulla qualità delle fonti usate dai corrispondenti», è del tutto evidente che certe verità giornalistiche non corrispondano alla realtà dell’Italia, dove intanto il premier continua a raccogliere consensi». A questo bisogna aggiungere che «agli americani interessa parlare dell’Italia solo quando si tratta di belle donne, affari sporchi e mafia».
Non si sa quanta eco avrà negli Stati Uniti l’operazione verità lanciata da Reduzzi: «A me interessava fare chiarezza e dare il mio contributo alla verità.

Il Cavaliere? Non lo conosco nemmeno». Lui no, forse la sorella sì. «Giuliana è stata anche eletta in Parlamento, ora è il sindaco di Ponte San Pietro nel Bergamasco. Ma per la parte sbagliata...».
felice.manti@ilgiornale.it

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