L’uomo che sussurra ai cani: «Così si educa un animale felice»

Alle undici di mattina Graeme Sims ha già trascorso due ore a spasso con i suoi cani: «Li ho portati a passeggiare in due gruppi, perché le femmine sono in calore». Nella sua fattoria in Galles ha quattordici border collie di cui occuparsi. Osservarli, studiarli ed educarli è il suo lavoro: dopo esser stato un pubblicitario, per tutto il mondo è diventato «l’uomo che sussurra ai cani», dal titolo del suo primo libro. Ora ha scritto Portami con te (pubblicato in Italia da Sperling&Kupfer), «per insegnare ai proprietari a diventare davvero i migliori amici dei loro cani».
I suoi cani vivono liberi in una fattoria. Ma chi è costretto in un appartamento come fa?
«È possibile crescere un cane felice anche in spazi ristretti. Anni fa vivevo in una casa con un giardino molto piccolo e avevo comunque 16 cani».
E i vicini non si lamentavano?
«Ma i miei cani non abbaiavano mai: li sfiancavo con le camminate».
E se non si ha nemmeno un giardinetto?
«Ho un’amica che vive a Roma, in un appartamento. È un lavoro duro, certo. Ma si può fare».
Quali sono le difficoltà maggiori?
«Con un cucciolo la pipì sul pavimento. Con un cane già adulto il problema è il suo passato: la paura, i brutti ricordi. Guardarlo negli occhi è controproducente: può intenderlo come una minaccia, una sfida».
Altri problemi?
«Se scappa e non torna indietro quando lo si chiama».
E come si risolve?
«È semplice. Basta star fermi e guardare da un’altra parte. O mettersi in ginocchio e fingere ci sia qualcosa di interessante».
E il cane tornerà indietro?
«Certo, lui ci guarda ogni dieci secondi. Corre perché ci sei tu: senza di te non c’è gioco».
L’errore più comune?
«Cercare di capire il cane dalla propria prospettiva e non dalla sua. Ma un cane non è un bambino: bisogna entrare nella sua mente».
Per una persona non è facilissimo...
«Un altro esempio. Se il cucciolo fa pipì sul tappeto, dirgli “basta” non lo fermerà. Ma se il padrone andasse in giardino a fare pipì in un cespuglio, il cane lo imiterebbe subito».
Il solito problema del giardino...
«Certo per strada è un po’ troppo complicato. Ma basta chiamare un amico con il cane e andare a passeggio insieme: anche il proprio animale comincerà a marcare alberi e pali circostanti. Per loro sono come facebook: un social network in cui segnalare la propria presenza».
Ma un po’ di autorità non serve mai?
«Il segreto è sempre l’amore, la gentilezza. Molti credono che urlare comandi a voce alta funzioni, ma non è così. Ai cani piace un tono dolce, naturale».
Perciò lei è «l’uomo che sussurra ai cani»?
«È un modo per dire che bisogna addestrare con la gentilezza e l’intelligenza, non con la forza. Anche perché i cani obbediscono più facilmente a chi trovano simpatico: lo vedono come un amico e non come un mostro».
Ma davvero non dà mai ordini ai suoi cani?
«A volte, dolcemente. Così il cane pensa: ma che persona carina. Conquistare il cane è come fargli la corte. La parola d’ordine è cura, amore. I comandi servono a proteggerlo: cerco sempre di immaginare che cosa possa succedere di brutto e poi penso a un ordine per evitarlo.

Quindi dire “fermo” al semaforo è fondamentale».
Quando un cane è davvero addestrato?
«Quando lui e il padrone si intendono bene. E un cane educato è anche felice: ama la routine, la trova rassicurante. E gli piace avere un padrone affidabile».

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