Politica

L’urlo liberatorio dopo il blitz: «Preso»

I Nocs sono entrati con le chiavi di casa del fratello. Il timore di un gesto disperato, l’uomo sorpreso mentre leggeva: capisce l’italiano

Fausto Biloslavo

Le chiavi per entrare nell’appartamento del fratello, il timore che si facesse saltare in aria e la stupefacente tranquillità del super ricercato quando gli viene ordinato «mani sulla testa, mettiti in ginocchio». Sono questi i momenti salienti del blitz scattato ieri che ha portato alla cattura di Osman Hussein, verso le 17. L’operazione è stata condotta magistralmente dagli uomini dei Nocs, i corpi speciali della polizia. Fonti investigative hanno raccontato a Il Giornale il film dell’arresto. Grazie alla traccia di un cellulare segnalato da Scotland Yard si è arrivati al fratello di Hussain, che lo ospitava. Dopo gli opportuni pedinamenti l’antiterrorismo decide di fermare il familiare del terrorista convincendolo a descrivere nei dettagli l’appartamento. Il rifugio di Hussain è composto da un salotto, due stanze, cucina e bagno. Il problema è che l’appartamento si trova al primo piano di un condominio attorniato da vialetti e altri palazzi abitati da numerose persone, ignare del pericolo. I Nocs si fanno consegnare le chiavi dell’abitazione dal fratello del ricercato, decidendo di entrare senza abbattere la porta. Le forze di polizia circondano l’area e tengono discretamente lontano gli abitanti della zona. Tutte le vie di fuga vengono chiuse, ma rimane il timore che Osman si faccia saltare in aria piuttosto di finire in manette, come è accaduto a Madrid. Gli uomini dei Nocs, che devono intervenire, hanno studiato bene quell’operazione andata male e conoscono i rischi. Alle 17 un agente dei corpi speciali infila la chiave nella porta dell’appartamento, dopo aver controllato che non ci fossero trappole esplosive collegate. La squadra irrompe all’interno e subito si divide entrando simultaneamente in tutte le stanze. Osman è disteso su un divano e quando gli puntano le armi contro sembra incredibilmente tranquillo. Gli viene intimato di mettersi le mani sulla testa e di inginocchiarsi. Esegue gli ordini senza fiatare, senza alcun segno di nervosismo. Subito dopo gli agenti dei corpi speciali lo immobilizzano e lo spogliano per controllare che non abbia cinture esplosive o una semplice bomba a mano nascosta addosso. Hussain è in pantaloni leggeri di tela, maglietta e sandali e stava leggendo quando è scattato il blitz. In inglese gli viene chiesto come si chiama e lui risponde: «My name is Osman Hussain». Una fonte investigativa de Il Giornale, però, garantisce che Hussain capisce l’italiano e lo parla, anche se male.
Gli agenti lo rassicurano che non gli verrà fatto alcun male e la perquisizione dell’appartamento, anche con l’utilizzo di cani che fiutano l’esplosivo, rivela che non ci sono né armi, né ordigni. Il terrorista era evidentemente in fuga, si nascondeva e non stava preparando un nuovo attentato in Italia. Quando gli uomini dei Nocs escono dall’appartamento, qualcuno lancia il grido liberatorio «preso», quasi per scaricare la tensione accumulata durante il blitz.


Hussain confessa subito la sua partecipazione ai falliti attentati del 21 luglio a Londra, ma durante il primo interrogatorio sostiene che nella metropolitana di Londra voleva compiere solo un’azione dimostrativa.

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