«L’Uruguay vuole vendetta Rep ci segnò due gol lo marcava papà Forlan»

«L’Italia non era una squadra da buttar via. È crollata psicologicamente nella gara con la Slovacchia. Giocare da campioni del mondo non sempre alimenta superiorità e cinismo, a volte spaventa a morte anche il calciatore più esperto». Il viso affilato di un tempo ha lasciato spazio alle gote paffutelle senza che l’aspetto da principe perdesse fascino e consistenza. Enzo Francescoli, 48 primavere, ex in Italia di Cagliari e Torino, non delizia più le platee con assist telecomandati e giocate che strappavano applausi anche ai più diffidenti. Da qualche anno fa il giornalista e in Sudafrica segue le vicende mondiali per l’argentino Canal 7.
Qual è la squadra che ha deluso maggiormente le sue aspettative?
«L’Inghilterra. Si vede che c’è la mano di un tecnico preparato come Capello, ma solo nel gioco. È mancato l’attacco, Rooney è apparso spaesato. E in difesa si è sentita l’assenza di Rio Ferdinand, uno dei più forti centrali al mondo».
Facile affermare che la Germania è stata finora la grande rivelazione?
«Scontato direi. I tedeschi alla lunga vengono fuori e si piazzano nei primi posti in ogni mondiale. Per questo dico Uruguay. Non vedevo una Celeste così competitiva da parecchio tempo. Siamo partiti in sordina, senza proclami e obiettivi bellicosi, ma la squadra è cresciuta di partita in partita e Tabarez ci ha messo del suo. A questo punto non mi stupirei più di nulla».
Nonostante la sfida quasi proibitiva con l’Olanda?
«Abbiamo un conto da saldare con i tulipani: una sconfitta mondiale che risale al 1974. I due gol di Rep bruciano ancora a distanza di anni. Forse in pochi sanno che a marcare l’attaccante dell'Ajax era Pablo Forlan, il papà di Diego. L’ho sentito di recente e ha una gran voglia di rivincita».
È sicuro che i problemi dell’Italia siano stati solo psicologici?
«Lippi non è l’ultimo allenatore del pianeta. È un professionista che ha dato fiducia al gruppo che si era qualificato al mondiale. A volte gli episodi cambiano il corso della storia. Se gli azzurri avessero pareggiato con la Slovacchia, forse ora si parlerebbe di un’Italia in lotta per il titolo».
Finora è stato un mondiale che ha visto le grandi firme deludere, perché?
«Una volta la Coppa del Mondo era una sorta di sublimazione del calcio. Ora molti fuoriclasse arrivano all’appuntamento iridato con le tossine accumulate da stagioni zeppe di impegni, vedi Messi o Cristiano Ronaldo».
Nonostante la latitanza dei campioni, ha notato qualcosa di interessante?
«David Villa su tutti, vede la porta come pochi altri al mondo.

Bene anche i tedeschi Ozil e Schweinsteiger, così come il solito e bravissimo Tevez».
Esiste l’erede di Francescoli?
«Sono pronto a scommettere su Lodeiro. In Sudafrica è stato sfortunato e si è anche fratturato un piede. Ma il futuro gli appartiene, ne parliamo tra un paio d’anni».

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