Milano - Diciamola tutta: un anno fa era data per spacciata. Finita. Kaputt. Ora invece.
La7 era una dead tv walking, la settima delle reti nazionali che, a causa di turbolenze aziendali, si era rannicchiata su se stessa, aveva perso o stava perdendo volti celebri ed era inseguita da quelle voci perfide, da quei rumors che di solito girano come avvoltoi sui morituri, specialmente su quelli televisivi. Ve li ricordate i commenti? Il più ottimista era nero pece. Adesso basta dare un’occhiata ai dati di ascolto per capire che era tutta una bufala e La7 sta benone, anzi benissimo. In sostanza, buona tenuta della media giornaliera e ottimi risultati nel competitivissimo access prime time e nella prima serata. Tanto per citare l’ultimo esempio, Exit di Ilaria D’Amico alla sua prima puntata ha piazzato lì un 6,7 per cento con un’audience media di 1,5 milioni di telespettatori e quasi otto milioni di contatti. Per intenderci meglio, nella scorsa stagione Exit ha totalizzato uno share medio di quasi la metà, ossia 3,8 per cento nonostante in una puntata abbia addirittura ospitato un Beppe Grillo all’acqua pazza, incontenibile e prevaricatore. Idem per Niente di Personale, l’approfondimento del venerdì di Antonello Piroso che dopo tre puntate ha una media del 3,4 per cento contro il 2,7 per cento dell’altra edizione. Ha guadagnato quasi due punti anche il bersagliatissimo e «Infedele» Gad Lerner e va benissimo anche Otto e mezzo di Lilli Gruber che, dopo tre settimane dalla ripartenza, è quasi al 4 per cento di media contro il 2,6 della precedente stagione. Persino al mattino c’è da brindare: Omnibus è al 5 per cento, risultato di tutto rispetto. E Victoria Cabello si conferma al 3 per cento con Victor Victoria nella seconda serata abbondante.
Per carità, i numeri non sono quelli di portaerei come Canale 5 ma d’altronde sarebbe impossibile. Insomma, alleluia. In tv, per uno strano e perverso gioco giornalistico, fanno sempre più notizia gli spostamenti, le cancellazioni o le bocciature dei programmi, e va bene. Ma stavolta c’è da festeggiare. Di certo, a fregarsi le mani sono Lillo Tombolini, uomo di grande esperienza che ha fatto quadrare i palinsesti e Giovanni Stella, il vicepresidente di Telecom Italia Media che era arrivato con la fama di tagliatore di teste e l’obiettivo dichiarato di «ottimizzare». Fama smentita e missione compiuta. Gli unici profughi eccellenti da La 7 sono stati Piero Chiambretti e Daria Bignardi, che hanno cercato e trovato fortuna altrove. E poi Giuliano Ferrara, che invece ha appeso la tv al chiodo (almeno per ora). Insomma, il milieu della rete è stato rispettato, il patto con gli spettatori anche (più approfondimento e meno paillettes) e ora, sembra, si riparte. Innanzitutto ai primi di novembre torna Marco Paolini con un adattamento televisivo del suo I Miserabili, è attesa una nuova serie di Impero con Valerio Massimo Manfredi e si proverà a sperimentare con Myrta Merlino in un programma di economia e Luisella Costamagna che farà cronaca al pomeriggio da metà novembre. Ma forse la notizia che farà più scalpore è il ritorno di Maurizio Crozza: in primavera porterà in tv un ciclo di puntate tratte dal suo spettacolo teatrale, tutte destinate a diventare piccoli eventi. E allora bye bye a tutti i sospetti di censura. In poche parole e al di là di tutto il chiacchiericcio malizioso, La 7 è diventato un piccolo caso di scuola televisiva: perciò l’Università Cattolica ha deciso di studiarla.
E così l’Alta Scuola Almed dell’Università, ossia la sezione che raccoglie tutti i master universitari post laurea in comunicazione, ha deciso di lanciare attraverso Mapt, ossia il Master in Analisi e progettazione del prodotto televisivo, un nuovo progetto che sarà presentato venerdì. Titolo: «La7 va all’Università». Dove gli esami non finiscono mai. Il bello però è che se uno se lo merita, molto spesso li supera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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