RomaLe lacrime trattenute a forza, un gelido intervento del capogruppo leghista Federico Bricolo (ex inseparabile dalla Mauro, nel tondo), la richiesta di dimissioni da Idv e Pd, molte contestazioni, diversi applausi. Riecco la Rosi, sulla poltrona da vicepresidente del Senato, che non se ne va: «Resto al mio posto, seguo il regolamento».
Formalmente ha ragione, nessun articolo del regolamento del Senato la costringe a dimettersi, e in effetti è già successo che vicepresidenti di Palazzo Madama abbiano cambiato gruppo di appartenenza (la Mauro espulsa dalla Lega ora è nel Misto) siano rimasti al loro posto senza peraltro nessuna richiesta di dimissioni. Nella scorsa legislatura Mario Baccini, vicepresidente del Senato (guidato da Franco Marini) è passato dallUdc al gruppo Misto, e come lui un altro vice, Gavino Angius, uscito dallUlivo per andare nella «Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo».
Nessuna dimissione, nessuna richiesta. Eppure il Pd, con Luigi Zanda, chiede a gran voce un passo indietro della Mauro: «Deve dimettersi, non fa più parte del gruppo della Lega, la sua permanenza alla carica affievolisce lequilibrio dellintero ufficio di presidenza». Argomento mai usato dal Pd in un caso analogo, ma molto più grave, poiché Rosi Mauro non è neppure indagata. Il caso cioè di Gianfranco Fini, presidente della Camera, uscito dal Pdl per creare un altro gruppo parlamentare di cui è il capo, il Fli. Non solo, ma Fini è stato indagato, sempre da presidente della Camera, per truffa sulla vicenda della casa di Montecarlo (accusa archiviata in tempi record).
Nessuna parola dal Pd sul senatore Luigi Lusi, ex margheritino (come Zanda) che è uscito dal gruppo del Pd ma è rimasto in tutte le cariche nelle commissioni. Alcune importanti come la Giunta per le immunità parlamentari, quella che decide sulle indagini giudiziari a carico dei senatori nei guai, tipo Lusi... (che poi, ironia della sorte, è ancora membro della Commissione straordinaria per il controllo dei prezzi, materia di cui si intende...). I senatori dellIdv hanno accolto lingresso in aula della Mauro con un corretto «dimissioni», accompagnato da un cartello con la scritta «Mauro dimettiti» al cui centro campeggiava il disegno di un diamante, e promettono «iniziative simboliche» contro la presidenza Mauro «ogni qualvolta la senatrice salirà a presiedere». La Mauro resiste, dando prova di carattere (lo stesso che impressionò Bossi ventanni e più fa), anche se ha poche sponde politiche al momento. Poche nella Lega, anche se si racconta di incontri frequenti con Bossi e famiglia a Gemonio, dove abita anche la Mauro.
Lunico che ha seguito la Mauro è stato il senatore Bodega, che si è dimesso dal gruppo della Lega. Molto critico verso il Carroccio a trazione maroniana: «Credo che la vicepresidente del Senato, a differenza di altri primi attori, stia subendo il ruolo che qualcuno le ha destinato. La vicepresidente del Senato avrebbe dovuto dimettersi dalla sua carica, ammettendo implicitamente chissà quali colpe, per dimostrare lefficacia della pulizia compiuta da un improbabile mastro Lindo che si fa largo a colpi di ramazza», personaggio che evoca evidentemente Maroni e le sue scope. Al momento non ci sono altri senatori pronti alla secessione pro Rosi Mauro, ma i risentimenti per il trattamento riservato alla vicepresidente covano nellombra. Intanto Bossi stesso ha fatto decadere lidea, lanciata dagli anti-maroniani, di un Bossi day. «Io non andrò a nessun ipotetico Bossi day: io voglio solo il Lega unita day! Bisogna pensare solo a concentrarsi sulla campagna elettorale e a raccogliere quante più firme a sostegno delle nostre proposte di legge di iniziativa popolare» ha detto lex capo della Lega.
E Maroni sulla sua pagina Facebook annuncia: «Confermato: il Lega unita day il prossimo primo maggio a Zanica», in provincia di Bergamo. Un evento «contro chi ci vuol dividere e contro chi vuole infangare la Lega e la sua storia gloriosa. Arrendersi? Mai!».
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