LE LACRIME DEL PITBULL

Ha pianto mentre il vecchio John concedeva la vittoria al rivale, il prossimo presidente degli Stati Uniti, Barack Hussein Obama. Sarah Palin, vice del repubblicano, la più contestata e la più amata, era accanto al marito Todd martedì notte e tutto il mondo ha visto sugli schermi tv le lacrime del pitbull. «Se ho fatto perdere anche un solo voto a John McCain mi dispiace perché è un vero eroe», ha detto ieri in un’intervista, aggiungendo di essere già sulla via di casa, dell’Alaska.
Ma non fatevi ingannare, suggerisce McCain, dal suo ultimo palco elettorale: «Sono grato al governatore Palin, una delle persone più brave che io abbia mai visto a fare campagna. È una nuova voce di grande effetto nel nostro partito. Attendiamo tutti con molto interesse il suo futuro a servizio dell’Alaska, del Partito repubblicano e del Paese». È qui per restare, aveva detto Tina Brown, creatrice del noto sito politico The Daily Beast. Dopo un inizio scintillante, dopo un atterraggio d’effetto sui palchi della campagna, le critiche e le controversie hanno rallentato la governatrice, e i numeri non hanno più giocato a suo favore. Sono arrivati polemiche e dubbi persino dalla casa conservatrice, da commentatori come David Brooks del New York Times e Peggy Noonan del Wall Street Journal. L’hanno accusata soprattutto di mancare d’esperienza. Come Obama. Lei non si è scoraggiata, ha incassato i colpi ed è andata avanti, come quando ha risposto con un paio di jeans ai giornali che le imputavano 150mila dollari in spese per riassortire il guardaroba.
Prima della crisi finanziaria, l’effetto Sarah-barracuda aveva messo in vantaggio McCain, perfino il liberal New York Times, che ha inviato i suoi reporter in Alaska a caccia di scheletri nell’armadio, ha notato le grandi capacità politiche di Sarah, in grado di generare fervore. «Ha un grande istinto politico e ha mostrato a McCain come attaccare Obama», ha detto al Giornale l’analista conservatore Michael Barone. Ha presa sulla folla, i suoi comizi hanno attirato migliaia di persone e proprio questa base già consolidata potrà permetterle di tornare in campagna e raccogliere i fondi necessari. Dopo la corsa che si è appena conclusa, infatti, nessun membro del Grand Old Party, in crisi strutturale, ha il consenso popolare che oggi ha Palin.
«Una mia candidatura nel 2012? Al momento il 2012 mi pare lontanissimo e non ho idea di cosa farò fra quattro anni, ora è il momento di lavorare tutti insieme per il Paese», ha detto alla Cnn.

Ma ieri, un altro giornale liberal, il Washington Post, scriveva che sì, rivedremo presto la governatrice perché questa energica corsa le ha dato un «risalto» che ora pochi repubblicani hanno. Nel 2012, potrebbe trovarsi a dare battaglia a giovani compagni di partito come il governatore della Louisiana Bobby Jindal e Tim Pawlenty del Minnesota, cui ha già rubato il posto di numero due di John McCain.

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