da Roma
Giovani senza soldi, stipendi «troppo bassi», consumi che languono. Ma così l’Italia soffre, avverte Mario Draghi, così resterà lontana da un vero status di Paese europeo, staccata dal gruppo dei grandi. Come la Francia, la Germania e il Regno Unito, dove il potere d’acquisto è del trenta o del quaranta per cento superiore. Serve una scossa, un cambiamento. «È necessario - spiega il governatore - che crescano i consumi e che torni a crescere pure il reddito. Per farlo, bisognerà rilanciare la produttività e puntare sull’istruzione dei giovani». Altro che bamboccioni, come li ha chiamati Tommaso Padoa-Schioppa: «Non sono loro a dover pagare il prezzo della flessibilità del lavoro».
La sua ricetta Draghi la illustra alla facoltà di economia a Torino. La platea, piena di studenti, applaude a lungo il suo appello. «In Italia i salari sono troppo bassi. Occorre invece che il reddito cresca in modo stabile. Una ripresa del consumo è fondamentale per il benessere generale, per la crescita del prodotto, per la stessa stabilità finanziaria. Destinatari e protagonisti di questo processo sono in particolare i giovani». Certo, viviamo in un momento di vacche magre, che ci tiene lontani dall’Europa. I nostri livelli retributivi, dice il numero uno di Bankitalia, dati Eurostat alla mano, «sono più bassi che negli altri Paesi dell’Unione». Il confronto è impietoso. La retribuzione media oraria, a parità di potere d’acquisto, è in Italia di undici euro, mentre in Germania, Francia e Gran Bretagna il 30-40 per cento superiore. «Le differenze salariali - insiste il governatore - sono appena più contenute per i giovani, si ampliano per le classi centrali e tendono ad annullarsi per i lavoratori più anziani. Lo scarto è minore nelle occupazioni manuali e meno qualificate». E ancora: «Nella Ue l’Italia è il Paese con la quota più alta di giovani che convivono con i genitori e con quella più bassa di nuclei con dei capifamiglia al di sotto dei trent’anni».
Se non si cambia, gli spazi continueranno a stringersi. «I diplomati e laureati entrati nel mercato del lavoro negli anni più recenti - avverte il governatore - percepiscono in termini reali una retribuzione prossima ai loro pari età degli anni Ottanta e inferiore a quelli dei primi anni Novanta». C’è di più. «I bassi salari d’ingresso non hanno schiuso profili di carriera più rapidi».
È arrivato dunque il momento in cui si deve puntare a tirar su il benessere e in generale la qualità della vita. «Serve - dice ancora Draghi - una coraggiosa riforma del sistema dell’istruzione, in particolare di quella superiore. L’obbiettivo del legislatore deve essere sollecitare i giovani in procinto di affacciarsi sul mercato del lavoro ad investire seriamente sul capitale umano, consentendo loro di selezionare la qualità dell’istruzione». Serve pure coraggio: «La politica economica avrà successo se li aiuterà a scoprire nella flessibilità la creatività, nell’incertezza l’imprenditorialità».
E se anche siamo un Paese poco indebitato e, come ricchezza generale delle famiglie, sopra Usa, Giappone, Francia e Germania, mancano delle riforme «strutturali» che non possono quindi più attendere. «In primo piano le misure volte a cambiare le regole dell’economia e della spesa pubblica» per «sostenere reddito e consumi».
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