
"Il blues è la musica che non è mai di moda, ma che è sempre viva. Perché ovunque c'è un distacco, un viaggio, una perdita, anche solo dove c'è un raider che corre in bicicletta al buio o sotto la pioggia per una paga schifosa, lì c'è il blues. È per questo che non mi stancherò mai di dire che Milano era blues ieri e lo è anche oggi".
Non c'è niente da fare, quando Fabio Treves ti parla della musica blues, anzi del modo di esistere blues, qualcosa ti si muove dentro: è la forza della voce (immediatamente riconoscibile) ed è la forza della storia che si porta sulle spalle da milanese di Lambrate (il mondo della musica lo conosce infatti come "il Puma di Lambrate"), che è poi la stessa che soffia nella sua armonica. Se il blues si riducesse a due soli strumenti, sarebbe una chitarra e un'armonica. Uno dei due è lui, versione milanese di James Cotton o Junior Wells, frontman e simbolo della Treves Blues Band, attesa oggi al Comfort Festival di Cinisello Balsamo per aprire (dalle ore 19,30 circa) il concerto della Blackberry Smoke, band americana di southern rock nata negli anni Duemila. Sullo stesso palco, nella stessa sera, ci saranno i giovanissimi Sonic Rootz, ed è dunque chiaro: la storia, quella di più di mezzo secolo di musica, passa da Fabio Treves e la sua band.
Quando capì che la sua missione sarebbe stata il blues?
"Tanti anni fa, ero ragazzo, e anche allora tutti pensavano al rock. Per pochi di noi, invece, il fiume Lambro era il nostro Mississippi. Da piazza Piola facevamo una lunga passeggiata fino al parco Lambro e lì si suonava. Ovviamente bastavano una chitarra e un'armonica. Lo stesso facevamo sulle panchine dei giardini in piazza Leonardo Da Vinci, di fronte all'Università di Ingegneria".
Con la Treves Blues Band l'anno scorso ha spento 50 candeline.
"E quest'anno ci viviamo i 50 + 1. Dal vivo a Cinisello suoneremo vecchi standard del blues e pezzi nostri. Ma i classici ovviamente li suoniamo con la nostra interpretazione. Il bello del blues è questo: una canzone non la fai mai uguale all'originale. Il blues non è mai uguale, nonostante quelle dodici battute e quel giro armonico che sembra sempre lo stesso".
Come avvicinare i giovani al blues?
"Ma i giovani che lo suonano e lo ascoltano ci sono sempre. Solo che non vanno cercati tra i settantamila che vanno allo stadio di San Siro per sorbirsi un cantante rap. E poi c'è un modo per contagiare i giovani".
Quale sarebbe?
"Le storie. Il blues è pieno zeppo di storie. Il blues va raccontato, non solo suonato. E quelle storie catturano. A volte capita che qualcuno mi avvicina e mi dice: quella storia che ho sentito da te durante un concerto o in radio, avendo io per anni collaborato con Radio Popolare e Lifegate, mi è rimasta dentro. Questo mi dà sempre una grande soddisfazione".
Tra gli artisti con cui ha collaborato chi l'ha colpita di più?
"Non posso non citare Frank Zappa.
Ma volendo chiamare in causa l'ultimo, con cui la Treves Blues Band suonerà ad agosto il 2 a Soiano del Lago, Brescia, il 3 a Cossato, Biella, e il 6 a Maggia in Svizzera, c'è Lou Marini. Lui è il mitico saxofonista dei Blues Brothers, quello che nel celebre film suona il sax sul banco del ristorante tenuto da Aretha Franklin, sulle note di Think. Un uomo umile e talentuoso".