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Lance e Macchi due trionfi della volontà

Il 22 ottobre finalmente si sono incontrati, ad Austin, in occasione della «Race for the Roses». Lance Armstrong e Fabrizio Macchi, uomini lievi che nella loro vita hanno fatto cose di peso. Armstrong: tre operazioni, cinque cicli di chemioterapia, sette Tour consecutivi vinti dopo aver sconfitto la malattia che l'ha colpito nell’ottobre 1996; Macchi: tre anni e mezzo di ospedale, diciassette interventi chirurgici, 25 cicli di chemioterapia, una gamba in meno (e anche mezzo polmone) per via di un'amputazione nell'85, dal 2000 primatista del record dell'ora per disabili. Armstrong voleva già incontrarlo nel giugno del 2004 a Saint Moritz, ma Fabrizio non riuscì a rispondere all'invito, per via di alcuni impegni lavorativi con Sky. Quest'anno non ha potuto rifiutare: in Texas e parlare, pedalare, correre al fianco di Lance Armstrong, l’uomo-leggenda che da anni lavora in favore dei malati di cancro (quest’anno ha raccolto 7 milioni di dollari tutti destinati alla ricerca).
«Lance è un mito, un uomo che trasmette fiducia, speranza, voglia di fare e reagire. Ha una personalità incredibile, che si sposa con i suoi modi di fare immediati e familiari - spiega Fabrizio, che di quell'incontro ha portato un documento filmato, da mandare in onda sulle reti Sky -. L'ho conosciuto grazie a Gian Luca Carretta, osteopata di Parma da anni al fianco di Lance e da qualche anno anche del sottoscritto. Ad Austin siamo stati insieme tutto il giorno. Lui era curiosissimo, ha voluto sapere tutto della mia malattia, dei cicli di chemio, dello stato della ricerca italiana, di come mi è venuta la passione per la bici, per non parlare della bici stessa: se l'è mangiata con gli occhi per studiare tutto e verificare gli accorgimenti che Ernesto Colnago ha apportato. La cosa che più l'ha incuriosito è stato il porta moncone e a lasciarlo a bocca aperta è stato come posso restare in equilibrio solo su una gamba: incredibile, se per camminare hai bisogno delle stampelle, come fai a stare in sella a una bici? Gli ho detto: sono io a restare senza parole quando vedo te che pedali con quella forza e quella agilità.

Lui rideva e ripeteva: ma tu stai in equilibrio, è incredibile. Poi ha voluto sapere tutto sul record dell'ora, quello che ho stabilito al Vigorelli di Milano il 19 ottobre del 2000 quando in un’ora ho fatto 38 chilometri e 562 metri. Ha voluto sapere tutto di tutto».

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