Cândido Godói. È il nome di un piccolo borgo agricolo del Brasile, un’insignificante manciata di case nel Rio Grande do Sul, a breve distanza dal confine con l’Argentina, incuneata in un territorio adorato dai contrabbandieri. Cândido Godói non avrebbe nessuna particolarità. Non lo è, in fondo, nemmeno il fatto che la maggior parte degli abitanti parli tedesco, con l’accento dell’Hunsrück, e abbiano una chioma bionda. Un gran numero di sudditi del Kaiser, ai primi del Novecento, si trasferì in Brasile per tentare la fortuna con la gomma o con la soia. Ciò che rende speciale questo luogo dimenticato da Dio è che quando ci si aggira per l’unica vera strada che attraversa il paese si incontrano molti volti uguali fra loro. Sembra di essere in un film di fantascienza sul tema dei cloni. Se nel mondo in media si verifica un parto gemellare ogni cento, in questo angolo di foresta si sale a uno su cinque. E nessuno scienziato riesce a spiegare perché.
Sul fenomeno c’è una sola certezza scientifica. È iniziato nel 1963 e ha preso lentamente a diminuire negli anni Ottanta. Questo dato è stato poi messo in relazione con una «quasi» certezza storica: il dottor Joseph Mengele, il terribile angelo della morte di Auschwitz, è con tutta probabilità passato diverse volte in questo luogo, proprio a partire dal 1963. Con false identità vi ha esercitato la professione di medico e di veterinario.
Vi sembra una storia folle? Allora leggete Mengele. L’angelo della morte in Sudamerica (Garzanti, pagg. 134, euro 18) del giornalista argentino Jorge Camarasa, un vero specialista di peronismo e di caccia ai gerarchi nazisti in fuga. Camarasa ricostruisce tutta l’esistenza del medico SS, dalla ricca e comoda infanzia in Baviera sino alla morte avvenuta nel 1979, proprio in Brasile, passando per i suoi studi scientifici e la sua ossessione per le nascite gemellari (secondo lui il modo migliore per far riprodurre in gran quantità gli ariani, assediati dalle prolifiche «razze inferiori»). Ne esce un ritratto a tutto tondo e inquietante, un puzzle a tinte forti sullo sfondo del quale la tessera rappresentata da Cândido Godói e dai suoi gemelli si inserisce perfettamente.
Mengele in fuga da Auschwitz, dove ha sottoposto i prigionieri a esperimenti di ogni tipo, si porta ostinatamente dietro provette e documenti scientifici che potrebbero essere usati come prova schiacciante contro di lui. Espatriato in Argentina, sotto falso nome e pur potendo dedicarsi ad attività totalmente diverse (la ricca famiglia lo aiutava dalla Germania), continuò a dedicarsi alla genetica, il suo tarlo. Pare arrivasse a cercare di contattare lo stesso presidente Perón. Ecco la testimonianza di Tómas Eloy Martínes, giornalista e intimo del generale: «Perón mi parlò con grande entusiasmo di uno specialista in genetica, che gli faceva spesso visita... intrattenendolo con il racconto delle sue meravigliose scoperte». Secondo il generale Perón era «uno di quei bavaresi ben piantati, colto, orgoglioso della sua terra...». E si faceva chiamare Gregor. Guarda caso il nome falso di Mengele in Argentina era Helmut Gregor.
E se è certo che Mengele-Gregor, dopo che il Mossad piombò in Argentina per catturare Eichmann, il peggiore dei criminali nazisti, si diede alla fuga verso il Paraguay, anche la sua presenza nel sud del Brasile è documentata da un sacco di testimoni. Come Leonardo Boufler. Ecco che cosa ha raccontato a Camarasa: «Passava da una proprietà all’altra... Diceva di poter inseminare artificialmente le vacche e anche gli esseri umani, ma tutti noi pensavamo che fosse impossibile perché allora era una tecnica sconosciuta».
Era a Cândido Godói per studiare l’incredibile numero di gemelli che nascevano lì per cause naturali ma inspiegabili? Oppure sono proprio i suoi esperimenti, folli ma con un vantaggio tecnologico decennale, ad aver causato la nascita di decine di gemelli? Forse non lo sapremo mai.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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